PREFAZIONE: il racconto che segue non vuole essere un resoconto
dettagliato ma uno sfogo alle emozioni emerse durante il nostro viaggio di
nozze … un po’ fuori dalla norma!
Per questo motivo, invito a leggere quello che segue chi vuole essere
trascinato dalle sensazioni di un viaggio che, forse, solo una volta nella
vita si puo’ fare. Chi, invece, e’ interessato alla parte piu’ pratica
(costi, km, ecc) di un viaggio del genere, puo’ andare direttamente nella
parte dedicate ai costi in dettaglio dove trovera’ tutto cio’ che e’ di suo
interesse.
Detto questo …. Buona lettura !!!
Io e Marco abbiamo da sempre avuto un sogno nel cassetto: fare un viaggio di
nozze che fosse veramente indimenticabile e unico, qualcosa che non avremmo
potuto fare in altri viaggi e altre occasioni, qualcosa che racchiudesse un
po’ i nostri miti.
Ebbene, possiamo dire di avercela fatta e di aver realizzato i nostri
desideri trascorrendo quasi due mesi a zonzo tra gli USA, le Hawaii e la
Polinesia Francese.
Il 27 agosto alle 16 ci siamo sposati.
Purtroppo la giornata non e’ andata come avevamo previsto xche’ ha piovuto,
ma e’ stata ugualmente una piacevole festa e si e’ protratta fino a tardi.
Abbiamo toccato il letto verso le 4 della mattina e alle 6:45 e’ suonata la
sveglia.
Le valigie erano pronte da un paio di giorni quindi giusto il tempo di
prepararsi e caricare i bagagli e alle 7:30 eravamo gia’ in macchina.
I nostri cari amici Douglas e Giorgia, che condividono con noi la maggior
parte delle nostre avventure, questa volta ci hanno lasciati soli ma hanno
percorso con noi un pezzettino di questo viaggio memorabile accompagnandoci
gentilmente all’aeroporto di Malpensa prima di tornare a casa in quel di
Modena (noi siamo di Genova !).
Con una lacrimuccia ci siamo salutati e assieme a quelle che loro
definiscono “le nostre case viaggianti”, ovvero le valigie dalla dimensione
un po’ voluminosa, ci siamo allontanati consapevoli che comunque con il
pensiero ci avrebbero accompagnato da casa nelle varie tappe del nostro
viaggio.
Abbiamo sbrigato velocemente le pratiche di check in e dopo un po’ di attesa
finalmente siamo saliti sul volo che ci ha portati in America.
Gli Stati Uniti mi hanno sempre affascinato da quando son bambina ma,
nonostante io abbia dei parenti vicino a S. Francisco, non sono mai voluta
andare a trovarli xche’ da sempre ho immaginato di andarci in viaggio di
nozze e, grazie a mio marito che fortunatamente condivide sempre i miei
desideri, ho potuto realizzare anche questo sogno.
Potete quindi immaginare l’emozione che ho provato quando vi ci abbiamo
messo piede.
Dopo aver ritirato i bagagli con grande ansia di Marco che ha sempre il
terrore che se li perdano x strada (in effetti abbiamo sentito veramente
tantissimi casi), e aver superato i vari controlli, ci siamo diretti verso
la navetta della National che ci ha portati a ritirare la macchina
noleggiata dall’Italia.
La prima sorpresa c’e’ stata quando l’addetto National, una volta
controllata la nostra prenotazione e inseriti i dati al computer, ci ha
invitato ad andare a scegliere la macchina.
Io pensavo che venisse assegnata d’ufficio e non che bisognasse sceglierla,
quindi sono rimasta un po’ stupita e ho chiesto di ripetere la frase almeno
tre volte prima di capire cosa intendesse.
E’ iniziata cosi’ la ricerca del bolide che ha portato i nostri sederoni a
spasso per 5 stati, percorrendo 5380 miglia in 26 giorni indimenticabili.
Il nostro problema era farci stare le nostre case viaggianti, ed anche se le
macchine americane sono famose per il bagagliaio molto capiente eravamo
comunque preoccupati (chi ha una Roncato Shuttle da 115 litri puo’ capire.
Noi ne avevamo ben due !!!).
Dopo averne provate un paio, finalmente la troviamo …. e’ lei, la nostra
Chevrolet Impala color champagne dove riusciamo a far stare i nostri bagagli
ed un altro po’ di roba (compreso poi la borsa frigo per le bibite e zaini
vari).
Ovviamente si mette Marco alla guida xche’ io non sarei riuscita ad uscire
dal parcheggio, ma anche x lui era la prima volta con il cambio automatico
quindi i primi 5 minuti abbiamo rischiato la facciata sul cruscotto un paio
di volte.
Grazie alla sua abilita’, e al suo magico senso di orientamento, usciamo da
li’ e ci dirigiamo verso l’hotel Furama (prenotato via internet alcuni
giorni prima della partenza) dove alloggeremo durante la nostra permanenza a
Los Angeles.
E’ tardi e non abbiamo neppure fame xche’ ci hanno dato da mangiare molto
sull’aereo. La stanchezza post-matrimonio e della levataccia mattutina,
assieme a tutte le ore di volo, si fanno sentire e non faccio in tempo a
sedermi sul letto che son gia’ crollata.
La mattina seguente siamo svegli di buon ora.
Decidiamo di cominciare la nostra visita negli States con una bella
colazione americana che per l’abbondanza ci ha saziati per tutto il giorno.
Chi si reca a Los Angeles lo fa principalmente per visitare tutto cio’ che
e’ legato al cinema o a quello che generalmente si vede in TV, e anche noi
non ci siamo distinti dalla massa e abbiamo fatto le solite tappe: la
scritta Hollywood sulla collina, Walk of fame, Beverly Hills, Rodeo Drive,
S. Monica, Malibu’, Venice, Universal Studios e Disneyland.
Durante la nostra permanenza a Los Angeles la mia speranza e’ sempre stata
quella di assistere a qualche ripresa in diretta o di incontrare qualche VIP
ma ahime’, niente Ben Affleck o Jennifer Lopez, mi sono dovuta accontentare
di un incontro veloce con Cuba Gooding Jr a Disneyland in compagnia del
figlio e nessun “Ciak – Azione” !
Pazienza, vorra’ dire che sara’ x la prossima volta. Intanto ho finalmente
visto dal vivo tutto cio’ che finora avevo visto nelle foto scattate da
altri e gia’ questa e’ stata una grande soddisfazione.
Questi primi giorni sono passati senza troppa fretta e ci hanno permesso di
abituarci al way of life americano quindi adesso eravamo pronti per la parte
on the road che tanto abbiamo programmato da casa.
Percorrere le strade americane con il nostro macchinone e’ stato per noi
molto emozionante. Lo avevamo immaginato migliaia di volte ma adesso eravamo
li’ e lo stavamo facendo davvero, sembrava quasi incredibile.
Quegli stradoni dritti e infiniti, panorami che continuavano a cambiare
scenario, la musica country che ci accompagnava miglia dopo miglia assieme
al mitico Cruise Control … non potremo mai dimenticare queste sensazioni.
Abbiamo iniziato con la citta’ fantasma di Calico sotto un caldo assassino e
poi la mitica Route 66 con i suoi distributori di benzina abbandonati per
arrivare al primo grande parco di questo viaggio, il Grand Canyon.
Prima di partire lo abbiamo visto e rivisto in foto ma e’ indescrivibile
quello che si prova a vederlo dal vivo. La sua maestosita’ lascia a bocca
aperta e i suoi dirupi senza fiato.
Ci siamo concessi il lusso di visitarlo prima in elicottero come antipasto e
poi di girarlo in auto e a piedi per gustarcelo meglio.
Inutile dire che la sua fama e’ tutta meritata.
Fuggiti da questa meraviglia che ti tiene costantemente incollate le dita
alla macchina fotografica, ci siamo diretti verso il sud dell’Arizona a
visitare il Montezuma Castle per poi scendere a Tucson e perderci in mezzo
ai cactus del Saguaro National Park, ai set di vecchi film western degli Old
Tucson Studios, per arrivare al confine col Messico e vedere quanti
messicani passano il confine ogni giorno per comprare materiali di prima
necessita’ che negli USA costano meno.
Da qui ci siamo spostati verso il New Mexico facendo pero’ tappa a Tombstone
che da sempre ho sperato di visitare per la sua famosa sparatoria dell’Ok
Corral.
Devo dire che non sapevo bene cosa aspettarmi xche’ svariate volte nei
racconti di chi era stato negli States prima di me avevo letto che non
valeva la pena fermarvisi.
Invece, a gran sorpresa, ho trovato proprio cio’ che desideravo trovare e
penso che se me lo fossi perso non me lo sarei perdonato. Quindi, a questo
proposito, vorrei dare un consiglio a chi pensa di intraprendere un viaggio
simile dicendo che i giudizi degli altri (compresi i miei) sono soggettivi,
per cui, quando decidete cosa visitare o meno, oltre ad ascoltare i vari
consigli della gente ascoltate anche in fondo al vostro cuore xche’ magari
quello che per voi e’ pazzesco per altri non lo e’o viceversa.
Siamo arrivati a Tombstone nel tardo pomeriggio quando il sole era gia’
calato e abbiamo trovato una citta’ fantasma nel vero senso della parola.
Per strada non c’era anima viva e Allen Street (la strada principale) era
completamente deserta. Si intravedeva pero’ qualche lucina dentro a qualche
locale e siccome dovevamo ancora cenare siamo andati a dare un’occhiatina.
Non so voi, ma io un saloon con tanto di cowboy con gli stivali e il
cappello e le donnine con il corpetto e le piumette in testa le avevo viste
solo in TV o a carnevale, quindi sono rimasta molto sorpresa quando
spalancate le porte del Big Nose Kates Saloon ho trovato tutto cio’ !!!
E’ stato come essere catapultati nel film Tombstone con Kurt Russell e
facevo fatica a credere che non ero agli Universal Studios ma in una citta’
vera !!!
Insomma che, dopo esserci pappati una bisteccazza con patate a volontà e le
classiche zuppe con fagioli che tanto sono amate dai cowboy dei film
western, ci siamo rilassati ad ascoltare musica country dal vivo assieme a
tutti questi strani personaggi in stile old west.
La mattina seguente ci siamo dedicati alla visita della citta’ su cui
aleggia sempre lo spirito dei fratelli Earp e di Doc Holliday (i
protagonisti della sparatoria dell’Ok Corral).
Tra un’attrazione e l’altra, e’ stato bello sedersi ai lati della strada per
osservare il tran tran quotidiano degli abitanti di questo posto che,
imperterriti, passeggiano con il loro abbigliamento da cowboy senza che
siano necessariamente i protagonisti di qualche rappresentazione della
famosa sparatoria che ovviamente non ci siamo persi.
Al contrario di quanto si possa pensare, qui la gente non si veste in questo
modo per intrattenere il turista, ma xche’ gli va e xche’ in fondo sanno che
in questo modo ci sara’ sempre qualcuno che passando da queste parti
sentira’ il desiderio di fare una sosta anziche’ andare dritto e xmettera’ a
Tombstone di “vivere” e di non diventare una citta’ fantasma abbandonata
come tante altre che si incontrano da queste parti.
Difatti non a caso si dice che Tombstone sia la citta’ troppo dura a morire
!!!
Quindi, se volete rivivere uno di quei tanti film sul vecchio west che
spesso avete guardato in TV, andate a Tombstone e non rimarrete delusi !
Non si poteva rimanere qui per sempre cosi’ ci siamo rimessi in marcia verso
la successiva tappa importante: il White Sands National Monument.
Devo dire che e’ valsa la pena farsi tutta questa strada per arrivare fino
qua in New Mexico xche’ lo spettacolo di questo posto e’ qualcosa di
indescrivibile.
Dal verde ci siamo improvvisamente trovati in mezzo a delle montagne di
sabbia bianca immense.
Senza occhiali da sole era impossibile tenere gli occhi aperti e se ti
addentravi un po’ di piu’ in mezzo a queste dune rischiavi poi di perderti e
di non riuscire a trovare la strada per tornare alla macchina.
Insomma, qualcosa che non si vede tutti i giorni a meno che non si vada a
sciare ma l’atmosfera qui e’ molto molto diversa !!
E’ uno di quei parchi che piu’ ci e’ rimasto impresso e che consigliamo di
visitare se siete da quelle parti.
Passato White Sands abbiamo affrontato un’altra lunga tirata di km per
arrivare a Santa Fe.
Santa Fe di per se’ non e’ che ci abbia entusiasmato parecchio anche se devo
dire che e’ una citta’ molto carina con un sacco di gallerie a prezzi
inavvicinabili.
Ma uno dei motivi per cui siamo arrivati fino qua era per visitare Taos il
cui pueblo vive li’ da piu’ di 2000 anni.
Questo posto ci e’ piaciuto da morire. Le case in stile adobe creano uno
scenario inimmaginabile e poi e’ stato bello fare il tour guidato per
comprendere le tradizioni e il modo di vivere di questo popolo.
Il pueblo di Taos, infatti, vive ancora nelle case di fango senza
elettricita’, bevendo l’acqua del fiume ed e’ per loro di importanza
fondamentale mantenere vive le tradizioni dei loro antenati.
Il pueblo di Taos e’ come lo vedete in tante foto scattate dai turisti che
lo hanno visitato ma vederlo dal vivo e’ tutta un’altra cosa e nell’aria
regna sempre un alone di mistero che rende questo posto magico e
affascinante.
Lasciato Taos abbiamo percorso un lungo tratto tra le montagne per
raggiungere Four Corners dove volevamo scattare la classica foto con piedi e
mani nei quattro stati che appunto li’ si incrociano: Utah, Colorado,
Arizona e New Mexico.
Dopo questa breve sosta fotografica, e aver assaggiato il buonissimo Fry
Bread dei navajo, ci siamo diretti verso quella che e’ stata per noi
l’emozione piu’ grande e la cui immagine e’ ancora li’ davanti ai miei occhi
e stampata sul mio cuore: la Monument Valley.
L’abbiamo vista e rivista in numerosi film, foto e poster ma cavoli ….
quando l’abbiamo vista dal vivo l’emozione e’ stata talmente immensa che
quasi quasi mi viene un infarto.
L’ho aspettata davvero per tanti anni questa visita e nei vari percorsi che
avevo tirato giu’ in fase di preparazione mai e poi mancava lei, la mitica,
unica, magica Monument.
Nel momento in cui l’abbiamo vista spuntare dalla strada e’ stato un
batticuore.
Ci siamo dovuti fermare assolutamente per poterla contemplare in silenzio e
per immortalarla con uno splendido autoscatto che sicuramente finira’ a
grandi dimensioni sulle pareti di casa nostra.
Era li’ ad aspettarci e noi pronti a gustarcela in tutto il suo splendore.
Peccato che, nel momento in cui siamo arrivati, il cielo ha iniziato ad
ingrigirsi e il tempo di addentarci nella valle e’ venuto giu’ uno scroscio
da paura.
Ero triste, molto triste, xche’ quel momento lo avevo aspettato a lungo e
avrei voluto vederla nel pieno del suo colore rossastro. Ma ero li’, e,
anche se il nero delle nuvole rovinava un po’ il “mio momento magico”, ero
ugualmente felice di esserci soprattutto in compagnia della persona che amo
e che in questa occasione non era piu’ il mio fidanzato ma mio marito.
Ad un certo punto, xo’, e’ come se qualche stregone indiano mi avesse
ascoltato nel profondo del cuore e avesse fatto una magia per me xche’ il
cielo e’ diventato azzurro ed e’ spuntato un sole meraviglioso che ha
illuminato di rosso tutta la valle.
Inutile descrivervi lo spettacolo che si e’ aperto davanti ai nostri occhi
xche’ non ci riuscirei mai abbastanza.
La Monument Valley e’ spettacolare, non c’e’ Grand Canyon che tenga !!!
Andateci e lo scoprirete da soli.
Dopo questa meraviglia ci siamo diretti verso Moab ma prima abbiamo deciso
di fare una deviazione per visitare la Valle degli Dei.
Mannaggia a me quando mi e’ venuta in mente questa idea !!!
All’ingresso di questa valle che pochi includono nel proprio giro (difatti
si incontra pochissima gente) c’era un cartello che consigliava di non
percorrerla in caso di pioggia xche’ le 15 miglia che la attraversano sono
sterrate e di facile inondazione.
Un po’ ingenui, e forse incoscienti, abbiamo pensato che la pioggia della
mattina non fosse stata di un’intensita’ tale da sconsigliare la visita di
questo posto anche xche’ il tratto subito davanti a noi era asciutto e al
massimo avremmo trovato solo qualche pozzanghera.
Invece, gli Dei questa volta ci hanno tradito xche’ a 2 miglia dalla fine ci
ha fermato un’auto che veniva in senso opposto per avvisarci che era
impossibile arrivare sulla strada principale dato che un fiume aveva
completamente coperto la strada.
Il sole stava x calare e, siccome la strada che avevamo percorso fino li’
era stata bella avventurosa e le macchina incrociate pressoche’ nulle,
abbiamo optato per la ritirata (onde evitare di passare la notte li’ assieme
ai lupi), x cui siamo tornati indietro da dover eravamo arrivati.
Sulla strada del ritorno abbiamo incrociato una coppia con un 4x4 e li
abbiamo avvisati dell’inconveniente ma loro hanno deciso di tentare
ugualmente e ahime’ … hanno fatto male !
Ripercorse le 13 miglia a ritroso e tornati sulla strada principale, da
curiosi siamo voluti andare a vedere il fiume che ci ha indotto alla fuga e
a sorpresa sapete chi ci abbiamo trovato ?!?! Naturalmente loro, la coppia
del 4x4 completamente immersa nell’acqua che non sapeva come fare ad uscire.
Abbiamo quindi fatto i bravi boy scout e siamo andati a chiamare aiuto nella
prima citta’ li’ vicino (a 30 miglia !!!)
Per caso ci siamo fermati in una steakhouse a Bluff che era senza
elettricita’ ma che grazie all’ausilio di un CB ha avvertito lo sceriffo che
e’ andato a soccorrere i malcapitati mentre noi ci siamo sbaffati una bella
bisteccona a lume di candela !!!
Dopo questa disavventura, finita comunque bene, siamo andati a visitare
Arche’s Park che ci e’ piaciuto molto e dove abbiamo fatto qualche
camminata.
E’ stata poi la volta della Goblin Valley che e’ risultata una grande
rivelazione.
Ci siamo divertiti molto a giocare a nasconderci in mezzo a tutti quei
funghetti e il bello di questi posti, poco considerati dalla maggior parte
dei turisti, e’ che a volte ti trovi da solo in mezzo ad uno scenario
particolare che sembra essere li’ solamente per te e ti riempe gli occhi e
il cuore di soddisfazione per aver deciso di includerlo nel percorso.
La successiva tappa era il Bryce Canyon che mi aveva colpito molto la prima
volta che l’ho visto per caso in fotografia.
Se il Grand Canyon lascia senza parole, il Bryce Canyon non e’ da meno.
Con la differenza che qui i colori sono strabilianti ed e’ veramente
difficile scattare meno di un centinaio di foto (forse ho un po’ esagerato
ma con la digitale lo scatto e’ facile !).
Ogni angolo ti sembra differente, e ogni foto pensi possa essere venuta
meglio della precedente, con il risultato che a casa ti troverai un sacco di
foto molto simili e che nessuna di queste rende giustizia a cio’ che hai
visto veramente.
E’ sicuramente un altro di quei parchi che non si puo’ non includere in un
viaggio del genere.
Cosa che invece non posso dire dello Zion che abbiamo visitato dopo il Bryce.
Non voglio dire che sia brutto e che non meriti, ma sicuramente e’ meno
scenografico e spettacolare del precedente e molto piu’ simile ai nostri
paesaggi montani.
Quindi, forse xche’ avevamo ancora negli occhi i pinnacoli rossi del Bryce
Canyon o forse xche’ dopo il Grand Canyon, le White Sands e la Monument
Valley e’ difficile rimanere ancora a bocca aperta … fatto sta che a noi sto
Zion non ci ha lasciato delle emozioni particolari.
Ma forse e’ anche xche’ gli abbiamo dedicato una visita furtiva xche’ ho
letto invece di altri che ci dedicano giorni interi e ne sono estasiati.
Come ho gia’ detto, tutto e’ soggettivo e siccome questo e’ il racconto del
nostro viaggio non posso fare altro che esprimere quelle che sono state le
nostre emozioni e lo Zion non e’ tra quelli che ce ne ha regalate parecchie.
Siamo finalmente entrati in Nevada e cosa si viene a fare da queste parti se
non per visitare la citta’ del peccato ?!!?
Siamo arrivati a Las Vegas di giorno dopo aver fatto una breve tappa alla
Valle del Fuoco. Non abbiamo quindi avuto il piacere di vedere quello
spettacolo che alcuni consigliano di vedere e cioe’ le mille luci di Las
Vegas in mezzo al deserto.
Posso assicurare pero’ che Las Vegas suscita sempre un certo effetto quindi
sia che arriviate di giorno, sia che arriviate di sera, non rimarrete di
certo indifferenti a questa citta’ cosi’ eccentrica.
Lo hanno gia’ detto tutti che Las Vegas puo’ piacere o non piacere, che la
odi o la ami ma … non si puo’ assolutamente dire (come invece ho sentito)
che e’ una grande Gardaland xche’ il paragone non regge per niente.
Bisogna tenere sempre a mente che Las Vegas e’ tutto cio’ che piu’ kitch non
si puo’ e il suo bello e’ proprio questo: una citta’ piena di luci e gente
che cammina per le strade a tutte le ore passando da un casino’ all’altro
per ammirare cio’ che qualche “genio” e’ riuscito ad inventare pur di
suscitare stupore.
Ed infatti e’ proprio questa secondo me la parolina magica: stupore !
Perche’ Las Vegas non finisce mai di stupirti, Las Vegas significa
stravaganza, schock, eccesso e non vuole affatto essere la S. Francisco del
Nevada e quindi va apprezzata per quello che e’ e cioe’ perche’ e’
strabiliante.
Abbiamo percorso tutta la strip a piedi visitando alcuni dei piu’ famosi
alberghi-casino’ (vederli tutti e’ davvero un’impresa eccezionale) e
assistendo agli spettacoli che si alternano e che creano code immense.
Abbiamo respirato l’aria della frenesia, ammirato limousine a palate,
ascoltato l’onnipresente rumore delle slot machine e si’, anche sperperato
qualche dollaro in queste macchinette infernali … insomma, abbiamo cercato
di viverla per quello che e’ stato possibile.
Dopo due giorni di relax in questa pazza citta’ siamo tornati in California
per attraversare la Valle della Morte.
Mi scotta la testa ancora adesso se ci penso. C’era un caldo pazzesco, 38
gradi all’ombra ma non ci hanno fermato e siamo andati alla scoperta di
questo posto che offre dei panorami stranissimi.
E’ stato simpatico poi una volta a casa riconoscere uno scorcio della valle
nel film Kill Bill 2 e poter dire …. anch’io ci sono stata !!!
Siamo passati poi al Sequoia National Park dove abbiamo trovato ad
attenderci anche un incendio e con grande tristezza di Marco nessun orso a
farci compagnia.
E’ incredibile quanto sono immense queste sequoie, ti fanno sentire
veramente piccolo piccolo.
Ed infine, come ultimo parco della lista lo Yosemite, ma anche qui non posso
dire granche’ visto che la visita e’ stata breve (per nostra scelta) e non
ha suscitato in noi un grande scalpore.
A questo punto e’ arrivato per noi un grande momento xche’ ci aspettavano
S.Francisco e i suoi Giants.
Naturalmente sto parlando dei S.Francisco Giants che proprio in quella
giornata giocavano in casa contro i Los Angeles Dodgers e, siccome abbiamo
sempre desiderato andare a vedere una partita di baseball, non c’era
occasione migliore di quella per farlo.
Era uno scontro al vertice per cui la partita era attesa da tempo e in
citta’ si respirava un’aria frizzante.
Proprio a causa di questo evento e di altre conventions previste nel
week-end gli alberghi erano tutti pieni e abbiamo faticato non poco per
cercare una stanza.
Per paura di non fare in tempo a vedere la partita, e anche xche’ dovevamo
ancora acquistare i biglietti e non volevamo rischiare di doverla guardare
in un bar, abbiamo alla fine accettato una stanza fumatori in un motel
abbastanza decadente nel quartiere di Tenderloin che abbiamo poi scoperto
non essere proprio il massimo.
Il lancio di inizio era previsto per le 19 e mancava ormai mezz’ora. Abbiamo
preso l’autobus e fatto l’ultimo pezzo di corsa e quando finalmente siamo
arrivati davanti allo stadio ci siamo trovati davanti una folla immensa.
C’era talmente tanta gente che non sapevamo neppure dove fare la coda per i
biglietti. Abbiamo sbagliato almeno tre volte dopodiche’ ci hanno
palleggiato da un posto all’altro xche’ nessuno ne aveva piu’.
Alla fine abbiamo trovato una ragazza fuori dai botteghini che ci ha venduto
i biglietti per la terza fila al loro prezzo originale (non e’ stato un
grande affare ma i posti erano ottimi) e cosi’ finalmente anche noi siamo
entrati.
Che emozione, lo stadio era strapieno e noi eravamo proprio davanti ai
giocatori.
Prima di partire c’eravamo studiati le regole su internet ma comunque non e’
poi cosi’ difficile capire come funziona il gioco. Abbiamo poi anche avuto
la fortuna di essere seduti vicino ad un italo-americano che ci ha
raccontato un po’ di storielle sui giocatori per farci entrare ancora di
piu’ nello spirito della partita.
Abbiamo anche potuto ammirare uno splendido Home Run (fuori campo) di Barry
Bonds che li’ e’ un idolo e che e’ consideratoil top del top per cui,
assistere dal vivo ad un suo fuori campo e’ stato x me un po’ come aver
incontrato Ben Affleck !
Le 4 ore di partita sono passate senza che ce ne accorgessimo e siamo
tornati al motel belli soddisfatti dimenticandoci pure della puzza di fumo
che aleggiava nella nostra stanza e del gran freddo preso allo stadio !
Il giorno seguente avevamo un altro appuntamento importante da non perdere:
l’incontro con i miei parenti.
Non ci vedevamo da parecchio tempo e la mia visita era attesa con gioia,
sembrava un po’ di essere a Carramba che sorpresa.
Siamo stati benissimo e ci siamo sentiti a casa tanto che quando siamo
dovuti andare via abbiamo pianto un sacco.
Con loro abbiamo visitato la citta’ di S. Francisco avendo anche la fortuna
di poter ammirare il Golden Gate senza la nebbia che non e’ da tutti i
giorni.
Abbiamo poi visitato i dintorni e vissuto un po’ di vita americana anziche’
da turista.
Marco si e’ persino tagliato i capelli e io mi sono fatta fare il french
manicure per pochi dollari (qui in Italia costa tantissimo !!!).
La cosa buffa e’ che, per entrare nelle loro abitudini, abbiamo saltato il
pranzo visto che la sera cenano alle 17!
Non vi dico che faccia abbiamo fatto io e Marco quando un giorno alle 16:30
ci hanno portato al ristorante.
Ma … “That’s America” e noi siamo stati fieri di averla vissuta per qualche
giorno.
Questi giorni assieme sono trascorsi alla grande. Noi abbiamo portato a casa
loro un po’ di aria italiana e loro ci hanno regalato delle grandi emozioni
americane.
E’ pero’ arrivato il momento dei saluti e, una volta asciugate le lacrime,
ci siamo rimessi in marcia per gli ultimi momenti made in USA.
Abbiamo percorso un tratto della mitica 1 passando per Monterey e Carmel ma
poi siamo passati alla 101 per concludere questo fantastico tour con S.
Barbara, Malibu’ e S. Monica prima di ritornare dove lo avevamo cominciato
27 giorni prima e cioe’ all’aeroporto di Los Angeles.
L’ultimo giorno ci e’ venuta molta malinconia e con la mente abbiamo
rivissuto tutti i momenti buffi che ci sono capitati.
E’ stato un turbinio di emozioni e queste 4 settimane, che pensavamo non
finissero mai, sono invece arrivate al capolinea mettendo cosi’ la parola
fine alla prima parte del nostro viaggio di nozze.
Ma questa tristezza e’ sparita nel momento in cui, una volta riconsegnata
l’auto, siamo saliti sulla navetta National in direzione aeroporto e
l’autista ci ha chiesto con quale compagnia aerea avremmo volato.
Non vi dico gli sguardi fulminanti che ci sono arrivati quando abbiamo
risposto: “Hawaiian Airlines”.
Abbiamo letto l’invidia sulle facce degli altri passeggeri e questo ha
risollevato il nostro umore scatenando un sorriso sulle nostre labbra che
facevamo fatica a trattenere.
In fondo, si era concluso solamente un capitolo del nostro viaggio.
Avevamo davanti a noi ancora un mesetto di vacanza !
I 26 giorni trascorsi on the road sulle grandi strade americane ci hanno
regalato momenti indimenticabili, ma non possiamo di certo dire che alla
fine un pizzico di stanchezza per aver macinato quasi 9000 km non ce la
sentivamo.
Cosi’, siamo andati a rilassarci una settimana alle Hawaii.
Effettivamente una settimana non e’ abbastanza per visitare queste splendide
isole, ma il tempo necessario per poter dire che sono affascinanti e
sicuramente molto diverse dai soliti panorami tropicali che siamo abituati a
vedere ai Caraibi.
Visti i pochi giorni a disposizione abbiamo deciso di visitare due isole e
abbiamo scelto le piu’ gettonate: Oahu e Maui.
Dopo 5 ore e mezza di volo siamo finalmente atterrati ad Honolulu.
Abbiamo percorso l’aeroporto in lungo e in largo per andare a recuperare le
valigie che depositano in un’area completamente dalla parte opposta a dove
si atterra.
Difatti abbiamo capito troppo tardi il xche’ offrivano un servizio di
navetta dal terminal al ritiro bagagli !
Una volta recuperate le nostre case viaggianti, che dopo 4 settimane
giustamente iniziavano ad essere anche piu’ pesanti di quando siam partiti,
abbiamo chiesto informazioni su come raggiungere Waikiki dove avremmo
pernottato.Siamo andati quindi alla fermata del pullman che per una decina
di dollari effettua il servizio di navetta dall’aeroporto all’hotel e
viceversa.
(In realta’, da buoni genovesi volevamo prendere l’autobus che per un paio
di dollari effettuava lo stesso giro ma ahime’, le nostre case viaggianti
non erano accettate e quindi a meno di trascorrere tutta la settimana con
gli stessi stracci addosso abbiamo dovuto mettere mano al portafoglio e
salire sul pullman !!!!)
Insomma che dopo circa 1 oretta, facendo diverse soste nei vari alberghi
della citta’, arriviamo stanchi ma felici al nostro hotel.
La scelta dell’albergo in Italia e’ stata alquanto impegnativa xche’ a
Waikiki ci sono davvero tantissime sistemazioni per tutte le tasche.
Siccome il nostro viaggio era di durata “leggermente” sopra la media e’
ovvio che per evitare di fare un mutuo abbiamo dovuto tirare un po’ la
cinghia sulla scelta dei pernottamenti.
Difatti qui e’ facile spendere una fortuna per dormire in uno di quei mega
albergoni che si affacciano sulla spiaggia, ma e’ anche altrettanto facile
trovare sistemazioni super-decorose a basso prezzo ad un blocco da essa e
raggiungibile facilmente in 5 minuti.
Quindi la nostra scelta e’ caduta sull’Aston Coral Reef Hotel.
Devo anche aggiungere che per le sistemazioni alle Hawaii, nonche’ per i
voli interni, ci siamo rivolti ad un’agenzia locale contattata dall’Italia
che ci ha permesso di risparmiare ulteriormente.
Ma tornando a Waikiki … la parola che mi sento di usare per descrivere
questo posto e’: bordello ! Non nel senso negativo del termine ma per dire
che in questa zona c’e’ un casino del diavolo.
Gente per strada a tutte le ore, a partire dalla mattina presto fino alla
sera tardi, negozi sempre aperti, spiagge piene di turisti (soprattutto
giapponesi), ragazzi che camminano scalzi per strada con la loro tavola da
surf sotto il braccio …. insomma qualcosa che nei miei viaggi precedenti non
mi era mai capitato di vedere.
Ma la cosa sicuramente piu’ impressionante e’ stata la marea di surfisti in
mare, principianti e non, che trascorrevano dalle 7 alle 10 ore in acqua con
la loro amata tavola senza mai uscire.
Tutto questo per noi e’ stato pazzesco.
Ma Oahu non e’ solo Waikiki, ci sono un sacco di altre cose da vedere, come
Pearl Harbour che ti lascia sicuramente senza parole e ti fa riflettere su
tante cose che accadono anche ai giorni nostri, il Polinesian Cultural
Center dove diverse popolazioni polinesiane trasmettono al turista le loro
culture e tradizioni per permettere agli studenti dell’universita’ di
pagarsi gli studi.
E poi c’e’ Hanauma Bay cone le sue acque calme e trasparenti, la costa nord
che speravamo di vedere sommersa dalle altissime onde invece era di una
tranquillita’ surreale, e tantissime altre cose che pero’ non abbiamo visto
xche’ in 4 giorni il tempo e’ stato tiranno.
Quindi, tra i bagni, le escursioni e un po’ di shopping, e’ arrivato il
momento di ritornare in aeroporto per trasferirsi a Maui.
Il volo e’ stato breve e all’eroporto di Maui e’ stato piu’ facile
recuperare le valigie.
Quello che pero’ non ci aspettavamo era la mazzata della navetta che per
portarci all’hotel ha voluto la bellezza di 45$ (andata e ritorno) a cranio.
Ce l’avevano detto che Maui era piu’ cara di Oahu, e ce n’eravamo accorti
quando abbiamo scelto la sistemazione, ma al fatto che per un viaggio
ridicolo di un’ora ci chiedessero 45 dollaroni proprio non ero preparata !
Comunque sia, dopo aver strabuzzato gli occhi accettiamo e finalmente
giungiamo al Kaanapali Beach Hotel.
Questo hotel assomiglia di piu’ ad un villaggio turistico per conformazione
anziche’ ad un grande albergo ma in questa zona gli hotel sono tutti dei
grandi resort.
L’agenzia locale con la quale abbiamo prenotato e’ riuscita a farci
upgradare gratuitamente in una camera partial ocean view e quindi gia’
questo ci rendeva felici (anche se a dir la verita’ di vedere l’oceano non
ce ne facevamo granche’ ma quando ti regalano qualcosa e’ sempre ben
gradita).
Abbiamo trovato fin da subito una grande gentilezza da parte dello staff,
difatti, nonostante l’ora del check in fosse definita x il pomeriggio, ci
hanno dato ugualmente la nostra camera e in questo modo non abbiamo perso
tempo e ci siamo subito messi il costume da bagno.
L’impatto iniziale con Maui e’ stato di una calma allucinante.
Eravamo abituati allo schiamazzo di Waikiki e quindi ci ha fatto un certo
effetto arrivare in spiaggia e sentire solo il rumore del mare.
Per la prima volta durante questo viaggio abbiamo trovato un sacco di coppie
di italiani in viaggio di nozze e le abbiamo conosciute a causa di un
episodio molto buffo.
Appena arrivati in spiaggia abbiamo subito adocchiato delle sdraio
matrimoniali con il tettuccio molto carine e confortevoli.
Siamo andati a chiedere se si potevano prendere, pensando che fossero messe
a disposizione gratuitamente ai clienti dell’albergo, invece siccome le
spiagge sono pubbliche e quelle sdraio erano gestite da un diving li’
residente, ci hanno chiesto 30$ per il noleggio giornaliero.
Abbiamo quindi optato per il sano asciugamano disteso sulla sabbia
(d’altronde siamo abituati xche’ qui a Genova lo facciamo tutto l’anno) e in
quel momento ci siamo accorti che davanti alla fila ordinata di lettini
c’erano tre o quattro coppie sdraiate sugli asciugamani e guarda caso ….
tutte di italiani (si sa che gli stranieri sono un po’ meno tirchi !).
I giorni a Maui sono trascorsi in relax totale difatti anche se l’isola ha
molto da offrire non siamo andati alla scoperta di essa e abbiamo preferito
rimanere a crogiolarci in spiaggia.
Questa scelta e’ stata dettata dal fatto che avevamo solamente tre giorni a
disposizione e quindi non avremmo comunque potuto vedere granche’ cosi’ ci
siamo limitati a visitare la vicina citta’ di Lahaina.
Prima di arrivare alle Hawaii mi sono sempre chiesta come fosse stato il
“mare”. Chiedendo a destra e sinistra ho sempre trovato pareri diversi e
quindi avevo le idee un po’ confuse.
Adesso che ci sono stata posso dirvi che l’oceano alle Hawaii e’
imprevedibile.
Dove pensi che sia piatto a volte e’ un po’ ondulato e dove pensi che sia
mosso invece e’ una tavola. A volte dipende dalle stagioni, a volte dal
tempo ma forse dipende un po’ da come gli va di essere.
Qui a Kaanapali il mare sembrava una tavola quando siamo arrivati, e io che
odio le ondine ero felicissima.
Ma ad un certo punto dal nulla e’ arrivata a riva una piccolissima ondina
che ha generato una risacca enorme scaraventando sulla sabbia tre
malcapitati che stavano x entrare in acqua.
Ecco svelato il perche’ alle Hawaii e’ pieno di cartelli che intimano di
fare attenzione all’oceano e di non sottovalutarlo mai.
Comunque, a leggere una cosa del genere sembra che ci sia da spaventarsi
invece non e’ cosi’, bisogna solo fare un po’ attenzione quando si entra e
si esce dall’acqua.
Io che in mare sono una cagona per quanto riguarda queste cose, ho fatto il
bagno tranquillamente e mi sono anche divertita col materassino che una
coppia di americani ci ha gentilmente regalato.
E anche questi momenti a Maui sono trascorsi velocemente.
Il giorno della partenza lo staff dell’hotel ci ha omaggiati di una collana
tipica di queste occasioni intonando una canzone come saluto finale.
Ci e’ salito un velo di tristezza xche’ questi 7 giorni alle Hawaii sono
effettivamente volati e si e’ conclusa la nostra quinta settimana di
vacanza.
Pero’ al pensiero che la ciliegina sulla torta dovevamo ancora mangiarla ci
siamo rincuorati, abbiamo preso i nostri bagagli (sempre piu’ pesanti) e ci
siamo diretti in aeroporto.
E …. Fine della seconda parte ma …. Il viaggio continua !!!
Dalle Hawaii siamo partiti belli carichi anche xche’ il viaggio verso la
Polinesia Francese era di solamente 5 ore e mezza.
Siamo atterrati a Papeete in tarda serata e abbiamo trovato una grande festa
al nostro arrivo.
Sul nostro stesso volo c’era qualcuno probabilmente importante difatti, non
appena si sono spalancate le porte, un sacco di ragazzi e ragazze tahitiane
si sono messi a cantare e ballare in onore di costui.
E’ stato molto bello e ci siamo sentiti subito in paradiso.
Siccome il volo x la nostra prima isola era previsto la mattina seguente
alle 6, e dal momento che ormai era mezzanotte passata, abbiamo trascorso la
notte in aeroporto alternandoci per non lasciare mai insorvegliate le
valigie.
Devo dire che la notte e’ stata lunga ma alla fine le 6 sono arrivate e ci
siamo imbarcati nel piccolo aeroplanino che ci ha portati a Moorea.
Il volo e’ stato brevissimo e in men che non si dica ci siamo ritrovati sul
pulmino che ci ha portati al Petit Village dove avevamo appuntamento con
Stefano, un italiano che vive li’ e che avrebbe dovuto ospitarci.
A causa di un inconveniente abbiamo dovuto cercare un’altra sistemazione e
sotto suo consiglio abbiamo preso un bungalow presso il Camping Nelson ma la
scelta non e’ stata azzeccatissima.
Inizialmente il posto sembrava semplice e pulito poi xo’, col passare del
tempo, ci siamo accorti che era solo semplice xche’ la pulizia lasciava un
po’ a desiderare.
L’impatto iniziale con la Polinesia non e’ stato come pensavo.
Avevo sempre immaginato di arrivare e trovare quei paesaggi da cartolina
invece ….
Durante i 4 giorni precedenti al nostro arrivo, il tempo a Moorea era stato
brutto con piogge frequenti, di conseguenza quando siamo arrivati il mare
non era proprio come lo avevo sempre visto nei servizi in TV.
Quella mattina, anche se non pioveva, non splendeva un gran sole ed era
piuttosto nuvolo cosi’ il panorama intorno a noi non rispecchiava i colori
magici della Polinesia e il mare, piuttosto bruttino, aveva toni di grigio e
la spiaggia era quasi inesistente.
Aggiungeteci la stanchezza per la notte passata in aeroporto e le zanzare
che ci hanno massacrato durante l’attesa di Stefano e potete immaginare
com’era il mio umore.
Ero piuttosto delusa xche’ quella doveva essere la ciliegina sulla torta del
nostro viaggio e volevo regalare a mio marito dei panorami che non avevamo
visto in nessun altro posto, invece non era affatto cosi’.
Fortunatamente il sonno ha preso il sopravvento cosi’ ci siamo sdraiati nel
giardino a bordo spiaggia e ci siamo fatti una bella dormita risanatrice.
Quando abbiamo aperto gli occhi c’era il sole e, a parte le zanzare che
continuavano a massacrarci, l’ambiente circostante cominciava ad assumere
colori diversi.
Siamo andati a fare un giretto a piedi nei dintorni e, tra una passeggiata e
l’altra, e un po’ di giri curiosi nei vari negozietti, il primo giorno in
Polinesia e’ passato.
La notte e’ stata lunga e tormentosa a causa dello ZZZzzzzz che ci ronzava
sempre intorno all’orecchio. Uno stress pazzesco e la mia delusione per
l’impatto iniziale con questi posti iniziava a trasformarsi in incazzatura.
Ma … sapete che la Polinesia e’ magica no ?! Difatti come per magia il
giorno dopo ho trovato finalmente il Paradiso che tanto avevo aspettato.
Splendeva un gran sole e il mare era una favola ! C’era persino la spiaggia
!!!
Senza perdere tempo siamo andati subito al Petit Village a fare rifornimenti
per la colazione e il pranzo e abbiamo affittato uno scooter per andare alla
scoperta dell’isola che il giorno prima mi aveva lasciato l’amaro in bocca e
in quel momento invece era meravigliosa.
Siamo stati tutto il giorno a zonzo, passando dall’interno alle spiagge dove
alla fine ci siamo concessi un po’ di relax e tanti bagni in quel mare che
fino a quel momento avevo visto solo sui depliant e che quasi iniziavo a
pensare fosse un fotomontaggio, invece …. era li’ intorno a me con quei
colori unici e quella temperatura tiepida che mi avvolgeva !!! Wowwwww.
I nostri 3 giorni a Moorea sono trascorsi cosi’, in pace, tranquillita’ e
ozio, per la maggior parte del tempo in acqua a giocare con i pesci colorati
che ci giravano attorno e venivano a prendere il pane dalle nostre mani.
Abbiamo anche passato una piacevole serata al Tiki Village dove vi consiglio
di andare se volete vedere un bellissimo spettacolo di danze tipiche (un po’
meno x la cena).
Ma questo era solo l’inizio, dopo Moorea ci aspettava Bora Bora che non a
caso qualcuno ha soprannominato la Perla del Pacifico.
Molte volte ho letto commenti negativi su questo posto.
Forse xche’ si hanno delle grandi aspettative da un nome cosi’, o forse
xche’ diventiamo sempre piu’ esigenti, comunque, ho spesso sentito dire di
Bora Bora che non vale la pena spendere dei soldi per visitarla visto che
rispetto ad altre isole e’ cara e super-turistica.
Io pero’ ho sempre pensato che andare in Polinesia Francese e non visitare
Bora Bora fosse un po’ come andare a Parigi e non visitare la Torre Eiffel o
come andare a Roma e non visitare il Colosseo.
Ritenevo che Bora Bora andasse vista e sono contenta di averlo fatto xche’
ho trovato quello che cercavo e xche’ mi ha regalato delle emozioni
stupende.
Certo, forse chiudersi dentro un resort di lusso fa vedere le cose in
maniera diversa ma, noi l’abbiamo vista dalla pensione Chez Nono ed e’ stato
il piu’ bel regalo che potessimo farci.
Chez Nono si affaccia su Punta Matira ed e’ una piccola pensione famigliare
con qualche bungalow e qualche stanza.
I bungalow sono davvero cio’ che di piu’ semplice non c’e’ ma la spiaggia e
il mare che li circonda sono qualcosa di ineguagliabile bellezza.
In questo posto la pace regna sovrana e, a parte qualche raro momento in cui
arrivava qualche turista dagli alberghi vicini, per la maggior parte del
tempo eravamo solo io e mio marito perennemente immersi in quell’acqua
turchese che non potro’ mai dimenticare.
Anche qui abbiamo affittato uno scooter per vedere cosa offriva Bora Bora al
di la’ delle spiagge e il mare e abbiamo potuto constatare che Chez Nono si
affaccia sul tratto di spiaggia e mare piu’ bello, quindi abbiamo deciso di
trascorrere il rimanente del nostro tempo su quest’isola in completa
solitudine nella nostra oasi felice.
Oltre ad esserci poca gente (di diversa nazionalita’), e pochi bungalow,
Chez Nono mette a disposizione dei propri ospiti una cucina pulitissima dove
e’ possibile cucinarsi qualcosa senza dover cenare per forza nei ristoranti
super-gettonati.
Una sera mio marito ha deciso di approfittare di queso servizio e di
regalarmi delle emozioni magiche.
E’ andato al supermercato li’ vicino e ha comprato un pacco di spaghetti con
del sugo.
Si e’ messo ai fornelli ed ha apparecchiato un tavolo molto romantico sulla
spiaggia in riva al mare.
Abbiamo cenato io e lui al chiaro di luna con il rumore delle onde in
sottofondo e le stelle nel cielo che danzavano in nostro onore.
Nessun ristorante, nemmeno il piu’ lussuoso che si possa trovare, puo’
offrire delle sensazioni simili !
Ed e’ con questo bellissimo ricordo che saluto Bora Bora per dare il
benvenuto a Rangiroa.
Sebbene per il nostro soggiorno in Polinesia Francese avessimo scelto di
stare nelle pensioni famigliari piuttosto che nei grandi resort, a Rangiroa
abbiamo fatto un’eccezione.
Prima di partire per questo mega viaggio, durante la fase di preparazione e
scelta delle sistemazioni avevamo messo come punto inderogabile il soggiorno
al Kia Ora Sauvage da tanti descritta come un’esperienza indimenticabile.
Per fare questo pero’ bisogna per forza fare almeno una notte al Kia Ora
Village cosi’ abbiamo suddiviso il soggiorno con 2 notti al Village e 2
notti al Sauvage.
Siccome siamo anche convinti che il bungalow si sfrutta solo per la notte,
visto che la maggior parte del tempo la si passa in acqua o in escursione,
abbiamo scelto la sistemazione piu’ economica e cioe’ un garden bungalow.
Al nostro arrivo, a sorpresa siamo stati upgradati gratuitamente ad un
deluxe garden bungalow e ci siamo ritrovati in un “mini” appartamento di 70
mq !!!
Abituati ai bungalow piccoli e spartani delle pensioni famigliari, ci siamo
sentiti un po’ spaesati all’inizio ma il comfort ahime’, ci mette un attimo
a farti abituare !
Non abbiamo pero’ perso troppo tempo e siamo andati subito in spiaggia e a
curiosare in giro.
Uno dei motivi per cui siamo venuti a Rangiroa, oltre al Sauvage, era la
Laguna Blu cosi’ siamo andati a prenotarci immediatamente per l’escursione
del giorno seguente.
Di solito, nei nostri viaggi non tendiamo mai a fare le escursioni con il
villaggio/albergo che ci ospita ma ci organizziamo autonomamente. Stavolta
pero’ avevamo poco tempo per andare a cercare alternative e siccome fuori
dall’hotel non abbiamo trovato nulla ci siamo affidati a loro spendendo
ovviamente di piu’ che se ci fossimo affidati a qualche organizzazione a
livello famigliare.
I soldi sono comunque stati ben spesi xche’ la giornata seguente siamo
partiti per la famosa Laguna Blu e abbiamo trascorso una giornata
memorabile.
Il tempo era stupendo e questo ha contribuito a rendere questo posto ancora
piu’ strepitoso.
Avevo sentito dire che la Laguna Blu era da mozzare il fiato ma giuro che
non pensavo fosse cosi’ bella.
Il viaggio in barca e’ stato piacevole e la guida polinesiana davvero molto
in gamba e simpatica.
Quando abbiamo intravisto la laguna dalla barca c’e’ stato un attimo di
silenzio tra tutti i partecipanti intenti a contemplare quello spettacolo
della natura ma poi questo e’ stato interrotto dalla guida che ci ha
esortato a scendere dalla barca x raggiungere la laguna a piedi.
Quando ci siamo avvicinati alla scaletta abbiamo visto che intorno alla
nostra barca gironzolavano un sacco di squaletti quindi io, siccome non sono
abituata ad uno spettacolo simile, ho pensato che la guida scherzasse sul
discorso di andare a piedi e che in qualche modo li avrebbe allontanati (la
mia ingenuita’ ha preso il sopravvento ! O forse dovrei dire la caghetta
?!?)
Invece non era affatto uno scherzo e ci ha fatto scendere invitandoci a non
mettere le mani in acqua con la conseguenza che io mi sono fatta tutto il
tragitto con le mani alzate sopra la testa come se tenendole lungo i fianchi
loro avessero potuto raggiungerle e mangiarmele !!!
Devo ammettere che, nonostante lui ci tranquillizzasse molto, io ero
abbastanza preoccupata visto che era la mia prima esperienza di quel tipo e,
una volta raggiunta la laguna, ci ho messo un po’ a prendere confidenza con
questi animali prima di entrare in acqua e godermi lo spettacolo
circostante.
Ma poi ho ceduto al fascino della natura e ho dato sfogo alla mia macchina
fotografica cercando di immortalare il piu’ possibile quello spettacolo che
in realta’ e’ rimasto tale e quale solo nel mio cuore xche’ una fotografia
non rendera’ mai abbastanza.
Gli uomini polinesiani al nostro seguito si sono messi ai fornelli per
prepararci il pranzo mentre noi abbiamo ingannato l’attesa saltando da un
isolotto all’altro e “pucciandoci” in quell’acqua tiepida assieme a razze e
squali.
Il pranzo e’ stato uno dei piu’ buoni che mi sia mai capitato di mangiare in
un’escursione.
C’era di tutto, carne, pesce, contorno, frutta …
Ci siamo rimpinzati per bene la pancia per poi soddisfare anche gli
squaletti che continuavano a gironzolare li’ intorno in attesa degli avanzi.
Dopo circa un’oretta siamo ripartiti in direzione Shark City dove ci
attendevano affamati degli squali molto piu’ grandi.
Era arrivato il momento dello Shark Feeding, quello di cui tante volte avevo
letto su internet.
Io non sono un’amante dei pesci in generale, non li mangio neppure, e non
sono nemmeno una coraggiosa in mare quindi alla vista di quelle bestie
enormi me la sono fatta sotto e ho mandato in avanscoperta mio marito
(miravo gia’ all’eredita’ !) a cimentarsi in questa nuova esperienza.
Mi sono limitata a scattargli una fotografia dietro l’altra e a riprendere
con la videocamera finche’ ad un certo punto abbiamo visto un’ombra gigante
grigio/verdastra e la guida ha invitato tutti a salire “abbastanza
velocemente” sulla barca !!!
Si trattava di uno squalo di cinque metri e pareva anche alquanto affamato
cosi’ abbiamo ultimato la shark feeding tutti dalla barca contemplando la
scena a meta’ tra lo stupore e lo spavento.
L’ora del rientro si avvicinava per cui si sono accesi i motori e siamo
ripartiti verso l’hotel.
Prima di arrivare al Kia Ora pero’, x concludere in bellezza questa giornata
ci hanno fatto fare una traversata a snorkeling nella pass dove mio marito
ha ammirato tantissime murene.
Il giorno successivo siamo partiti per il tanto sospirato Kia Ora Sauvage.
Il viaggio in barca e’ stato tranquillo e al nostro arrivo abbiamo trovato
Michael e gli altri ospiti a darci il benvenuto.
Il nostro bungalow era un piccolo gioiellino, perfettamente in sintonia con
l’ambiente naturale in cui era incastonato.
Il bagno era molto particolare, con il pavimento in sabbia e pietre e delle
piccole palmette da cocco qua e la’, per non parlare del lavabo a forma di
conchiglia gigante e della doccia matrimoniale.
In questo isolotto ci sono solamente 5 bungalow e nonostante siano a
distanza adeguata uno dall’altro ma comunque visibili, per la maggior parte
del tempo trascorso qui non vedevamo mai nessuno.
Il tempo lo abbiamo passato a raggiungere altri isolotti a piedi o a nuoto e
a fare snorkeling in compagnia dei cani di Michael che scacciavano gli
squali non appena si avvicinavano.
Al suono della conchiglia venivamo avvisati che il pranzo o la cena erano
pronti e tutti assieme ci recavamo nel bungalow principale per mangiare le
prelibatezze che la moglie di Michael ci preparava e a fare due chiacchiere
con gli altri ospiti.
Il pomeriggio alle 15 era il momento in cui, se volevamo, potevamo fare le
attivita’ in gruppo in quanto Michael era sempre molto disponibile a
portarci alla scoperta delle bellezze intorno al Sauvage. Ma c’era anche chi
preferiva rimanere in intimita’ sull’isola ed il bello di questo posto e’
proprio quest’atmosfera di intimita’ che sebbene si possa trovare anche in
altre isole, non so spiegare il xche’ ma qui e’ speciale.
All’ora del tramonto ci venivano consegnate delle lampade ad olio per
sopperire alla mancanza di elettricita’ ed e’ stato molto carino farsi la
doccia con la luce fornita da esse. Era tutto cosi’ romantico ….
Come il guardare le stelle in silenzio prima di addormentarsi !!
Ma ahime’, il tempo scorre inesorabilmente ed e’ giunto il momento di
tornare al Kia Ora Village a recuperare il resto dei bagagli.
Questa volta il tragitto in barca e’ stato un po’ meno tranquillo rispetto
all’andata.
Il mare era mosso ma le onde in direzione giusta x non farci sentire il mal
di mare.
In compenso abbiamo preso tanta ma tanta acqua e siamo arrivati belli scoli.
Giusto il tempo di fare il check out e di darsi una sistematina che ci hanno
portato in aeroporto dove ci attendeva il volo x Tikehau, ultima nostra
tappa Polinesiana.
All’aeroporto di Tikehau e’ venuta a prenderci Caroline, la proprietaria del
Tikehau Village dove abbiamo scelto di soggiornare.
Il bungalow che ci ha assegnato era molto spazioso ma sicuramente, in
confronto a quello del Sauvage, molto spartano come del resto la maggior
parte di quelli in pensione famigliare.
Dobbiamo ammettere che, nonostante i proprietari fossero di una gentilezza
assoluta, la pulizia di questo posto non era proprio il massimo.
Non per loro mancanza ma xche’ da quanto abbiamo potuto notare, quelle erano
le loro possibilita’.
Tikehau e’ un’isola ancora molto selvaggia e a parte le sabbie rosa e il
mare turchese non c’e’ nient’altro.
Non e’ ancora molto turistica e questo lo si vede anche dal fatto che non
c’e’ uno, e dico uno, negozio di souvenir !
L’unica boulangerie dell’isola apre alle 17 del pomeriggio e il supermercato
piu’ fornito misura 3 metri x 4.
Anche qui ci sembrava di essere i soli turisti dell’isola xche’ in giro non
si vedeva nessuno (forse erano tutti al Pearl Beach ?!) e l’unico momento in
cui incontravamo qualcuno era la cena.
Di giorno ci piaceva prendere la bicicletta e raggiungere la spiaggia rosa
nel lato opposto all’aeroporto dove in completa solitudine ci godevamo
questo splendido angolo di paradiso.
Qualche volta veniva a tenerci compagnia anche il cane della pensione che
non ci mollava neppure in acqua e durante il tragitto ci difendeva dai cani
randagi che popolano tutta la Polinesia Francese.
Lo conoscete il detto “il tempo passa quando ci si diverte ?”.
Beh, e’ proprio cosi’ xche 3 giorni qui sono volati e la nostra vacanza era
quasi terminata.
L’ultima notte e’ stata lunghissima xche’ mio marito, che x cena si e’
sbaffato un’aragosta e dell’altro pesce, la sera si e’ sentito male e
abbiamo passato la notte in bianco.
La mattina abbiamo preso il volo x Tahiti dove, nonostante lui non stesse
affatto bene, e avesse pure un po’ di febbre, siamo andati a visitare il
mercato per ultimare l’acquisto dei souvenir.
Fino a questo momento avevamo avuto il problema del peso del bagaglio xche’
stando via cosi’ a lungo le nostre valigie risultavano gia’ pesanti
all’andata e avevamo sempre l’incubo che ci facessero pagare il
sovrapprezzo.
Ci siamo quindi limitati nell’acquisto di souvenir durante tutto il viaggio
e al mercato di Papeete finalmente abbiamo potuto dare libero sfogo a questa
mancanza.
Siamo usciti da li’ pieni di sacchetti e pacchettini per concludere in
bellezza con una bella perla nera scelta tra migliaia al Tahiti Pearl
Market.
Mentre all’andata abbiamo preso il truck x raggiungere il mercato, al
ritorno abbiamo avuto la pessima idea di fare una passeggiata fino
all’aeroporto.
Inizialmente avevamo sottovalutato le distanze e ad un certo punto siamo
stati costretti a cercare un mezzo x tornare senza aver consumato tutti i
piedi, tenendo conto anche che mio marito aveva ancora l’aragosta che gli
galleggiava nello stomaco.
Di truck neanche l’ombra e visto che iniziava a farsi buio, dopo aver
ammirato uno splendido tramonto, ci siamo messi a fare l’autostop.
Non l’avevamo mai fatto prima d’ora e, anche se avevamo sentito dire che da
quelle parti e’ abbastanza comune, eravamo comunque un po’ titubanti.
Stavamo per perdere le speranze quando ad un certo punto si e’ fermato un
pickup che ci ha caricati sul retro.
E con questa avventura divertente abbiamo concluso definitivamente la nostra
vacanza polinesiana.
A mezzanotte abbiamo preso il volo x Honolulu e successivamente quello x Los
Angeles dove ahime’ stavolta, con ancora le immagini di quel mare favoloso
negli occhi, la fine e’ arrivata davvero.
Ebbene, stavolta un continuo della storia non c’e’, la terza ed ultima parte
del nostro viaggio di nozze della durata di 52 giorni e’ giunta al termine e
noi ce ne siamo ritornati a casa, in quel di Genova, assieme alle nostre
case viaggianti e a tantissimi ricordi.
Possiamo di certo dire che questo viaggio e’ stato proprio come lo abbiamo
sempre sognato e cioe’ unico e indimenticabile.
Ma, nonostante la tristezza avesse preso il sopravvento, in cuor nostro
sapevamo che … un’altra avventura ci stava attendendo nella nostra nuova
casa, il viaggio piu’ importante, quello di una nuova vita matrimoniale
insieme (e si spera tantissimi altri viaggi, anche se non di 52 giorni, alla
scoperta di un mondo meraviglioso).
E ricordate … solo chi ha un sogno lo puo’ realizzare !!!
Buon viaggio a tutti. |