Messico del Nord - Baja California

Tijuana e San Diego

“Bienvenido a Tijuana con el Coyote no hay aduana…”.
Appena arrivato a Tijuana mi sono chiesto “ma che cazzo ci sono venuto a fare?”, era il periodo di Manu Chao e forse mi sono fatto ingannare dalla sua canzone. Ma poi ho pensato, che per avere una visione completa del Messico bisognava soggiornare a Tijuana e così ci sono rimasto tre giorni.
Vederla arrivando dalla sua periferia da Sud a Nord, sembra che per qualche strano motivo, una forza sconosciuta ha dato una spinta incredibile a tutti gli edifici della Baja California, spiaccicandoli addosso ad un muro insormontabile. Guardandola dall’alto assomiglierà senz’altro alla descrizione che Dante ha fatto dell’inferno: un imbuto fatto di gironi, dove all’estremità ci sono i più dannati, ovvero gli ultimi arrivati che vanno da allungare il suo vertice capovolto fermandosi in periferia.
Questa città rappresenta due speranze opposte: quella dei giovani americani che qui vengono, soprattutto nei fine settimana, con il desiderio di trasgredire le regole, ubriacandosi e facendo baldoria e quella dei poveri messicani che arrivano ogni giorno con la speranza di varcare il confine per un futuro migliore. Purtroppo quelli che riescono a passare, sono veramente pochi, alcuni muoiono disidratati nel deserto, altri uccisi dai rangers e la maggior parte rimane nei gironi infernali di Tijuana. I più fortunati troveranno lavoro nelle “maquiladoras”, ovvero le fabbriche a bassissimo costo di manodopera, perlopiù con partecipazione americana, che sorgono in maniera esponenziale lungo il muro.
Senza il muro, forse, non esisterebbe neanche Tijuana e questo muro, come scrisse Cesare Battisti in un suo romanzo, anziché dividere, attira e la sua costruzione è stata fatta per questo motivo e da quando esiste gli affari tra le due americhe, vanno a gonfie vele… quindi è una farsa, un miraggio.
Quindi decido di attraversare questo maledetto muro, da cittadino “libero e occidentale”.
Alla dogana ci sono tantissime persone in fila, sedute su una panca ci sono messicani in attesa con i volti rassegnati, una fila scorre incredibilmente, sono i messicani che hanno i permessi giornalieri per lavorare dall’altra parte… d’altronde per gli states sarebbe ideale avere manovalanza a basso costo solo per poche ore al giorno, un’altra e ferma, spiego ad un poliziotto la mia situazione, mi indirizzano in un piccolo ufficio, mostro il passaporto, mi danno un foglio e mi dicono di andare. Penso che ho risolto così velocemente, ma mentre mi avvio, un'altra guardia mi trattiene mezz’ora chiedendomi passaporto, carta di credito, che tipo di lavoro faccio, biglietto aereo di ritorno e altre scemenze che non sto qui ad elencare... mi accorgo di avere l’aspetto un po’ trasandato e la mia richiesta di rimanere solo un giorno negli States ha fatto incuriosire la guardia: non vi preoccupate, non ci tengo minimamente a rimanere in questo dannato paese.
Rimango a San Diego tutto il giorno, solo per verificare come funziona bene e sia efficiente la “macchina”americana, che per camminare così meravigliosamente ha bisogno di tanto carburante, chiamato Tijuana, Messico, Guatemala, Brasile e tutti i paesi sfruttati al mondo.
Alla frontiera, del mio ritorno in Messico, non importa a nessuno: non mi chiedono neanche il passaporto.
Addio Tijuana, a presto Messico.
I caccia americani stanno bombardando la Serbia, mi fanno attendere 7 ore all’aeroporto di Madrid, traffico aereo interdetto ai mezzi civili… così hanno detto… la colonizzazione continua.

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