Da Topolobambo prendo un traghetto per La Paz. Faccio
la traversata notturna dormendo all’aperto: è sempre un’emozione andare per
mare.
La Paz è una città anomala per essere messicana, strade e marciapiedi larghi
delimitano villini con giardino, il traffico è quasi assente e in giro non
c’è quasi nessuno. Pochi chilometri a Nord di La Paz sorgono spiagge
bellissime dai nomi simpatici: Playa Pichilingue, Calandra, Coyote, Tecolote.
Qui l’acqua turchese e cristallina lambisce il deserto di terra bruciata: il
contrasto è struggente.
Decido di percorrere la Baja California fino a Tijuana in autostop: pick-up,
camion, furgoncini che trasportano pesce… non trovo difficoltà a trovare
passaggi, d’altronde la strada è unica: o si va a Sud, o si va a Nord.
Il paesaggio desertico è interrotto da isolati cactus, ultimi baluardi di
vita che sfidano un ambiente così ostile.
Mi fermo qualche giorno all’ oasi di Mulegè, dove missioni religiose
cercarono in passato di convertire i “selvaggi” abitanti del luogo. Passo
qualche ora a Santa Rosalia e visito la chiesa in ferro di Eiffel (si
proprio quello della torre omonima parigina), che dopo essere stata
sballottata su navi cargo per tutto il pianeta, qui riposa degnamente.
All’oasi di San Ignacio, un messicano trapiantato a San Diego mi da un
passaggio nel cassone del suo pick-up e percorriamo subito una strada
sterrata, dopo due ore arriviamo ad una laguna isolatissima, da ultima
frontiera: qualche capanna di legno, una decina di persone, ossa di balena
sulla spiaggia e null’altro. Al ritorno la sabbia mi entra dappertutto, in
orifizi che neanche immaginavo di avere, per fortuna il baffuto
messicano-americano mi ha dato libero accesso alla sua ghiacciaia colma di
birre “pacifico”.
A Guerrero Negro una piccola lancia mi porta a vedere le balene, che tutti
gli anni percorrono migliaia di chilometri dal Canada per venire a partorire
nelle acque basse di questa laguna. E’ un mistero come riescano a trovare la
via, compreso i nuovi nati che non l’hanno mai percorsa prima. E’ uno
spettacolo vedere i piccoli che imparano a nuotare a fianco delle loro
madri, e pensare che i giapponesi vogliono prosciugare questa laguna per
poter ricavare tonnellate di sale.
Sembra che tutte le più bizzarre specie vegetali del mondo abbiano deciso di
nascere qui a Cataviña., un paesino con quattro case e una ricca
concentrazione di diverse specie cactacee, alcune endemiche.
Dopo ore di deserto la macchina mi scarica a Ensenada. E’ sabato sera,
imbocco una via dove a ogni passo vi è un bar, una cantina e un table bar
con spogliarelli annessi. Tutti questi locali sparano musica ad alto volume
e tutto si mescola in un assordante confusione da inferno, un tipo seduto
per terra si inietta nelle vene della droga ignaro dei passanti, un gruppo
di persone urla senza un apparente motivo, un robusto messicano mi
trascina quasi a forza nel suo locale e poi mi vuole vendere della droga.
Dopo giorni passati nel silenzio infinito del deserto, mi viene in mente
la teoria degli opposti: Yin e Yang.
Devo trovare una sistemazione per la
notte, ma incontro soltanto alberghi “ad ore”… tra questi scelgo il meno
peggio. Non c’è un buon motivo per rimanere un giorno di più in questa
città, domani partirò per Tijuana…
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Durante uno spostamento in autostop |
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Deserto |
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Strade e deserto |
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Balene a Ojo de Liebre |
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