"Sveglia bimbi! C'è il sole!".
Alle otto spaccate, come ci aveva promesso, la Voce della Natura interrompe
una fenomenale notte di sonno. In effetti anche oggi è una bella giornata,
magari non come quella di ieri ma, considerato dove siamo, proprio non ci
possiamo lamentare. Facciamo colazione con calma, smontiamo le tende e ci
rimettiamo in cammino. Oggi il sentiero dovrebbe essere quasi tutto in
piano, se non in leggera discesa. Possiamo vederlo anche da qui, con i
paletti rossi e gialli che spiccano sul nero della sabbia, inseguendosi a
intervalli regolari, e scompaiono poi in fondo alla valle.
I fianchi della montagna sono attraversati da solchi profondi che scendono
verso valle ripartendosi in mille canali simili a torrenti inariditi. Visti
da qui, creano un bellissimo effetto e conferiscono al paesaggio un'aria
morbida e rilassante. Ma quando ci tocca attraversarli, scendendo in
profondità e risalendo dall'altra parte con i piedi che scivolano e
affondano in questa sabbia nera il nostro entusiasmo si attenua. In questo
tratto raggiungiamo anche una giovane turista canadese partita stamattina
presto dal nostro stesso rifugio. Viaggia da sola, trascinandosi sulle
spalle uno zaino gigantesco, il minimo indispensabile - ci dice - per un
viaggio lungo come il suo. La salutiamo e proseguiamo il cammino.
Arrivati alle pendici del monte HARSKERDINGUR, che con i suoi 1281 mt è tra
le cime più alte della zona, ci fermiamo per uno spuntino. Ma non facciamo a
tempo a posare gli zaini che Marco proclama la scalata alla vetta con i
pochi volenterosi che vorranno seguirlo. Ci arrampichiamo in 6, come
formiche, su una parete che a me sembra praticamente verticale. Dalla cima,
una vista spettacolare sulla strada che abbiamo appena percorso e su quella
che ancora ci aspetta! Discendiamo la montagna su un altro fronte,
completamente coperto di ghiaccio. Da questo lato la pendenza è meno decisa,
per cui ci divertiamo a lasciarci scivolare simulando una discesa libera
senza sci!
Il gruppo, ricompattato, riprende la marcia, incoraggiato dalla visione del
traguardo intermedio della giornata: il lago dove dovrebbero aspettarci i
fuoristrada nel pomeriggio. Si trova nella cosiddetta "valle delle fate" e,
man mano che la nebbia davanti a noi si dirada, capiamo facilmente le
ragioni di questo nome. Arrivati al punto panoramico dove consumeremo il
pranzo, il lago riposa davanti ai nostri occhi nella tranquilla immobilità
di un acquerello. Lo circondano montagne scure, su cui il muschio sembra
scivolare in una serie di lingue sottili che scendono verso valle, come se
qualcuno vi avesse versato su enormi barattoli di vernice verde brillante.
Dopo pranzo ci aspetta un primo, piccolo guado. Marco studia dall'alto la
situazione e individua il punto in cui il fiume sembra più facilmente
attraversabile. Una volta arrivati sul posto, però, la situazione si rivela
più complicata del previsto e, dietro l'esempio della nostra infallibile
Guida, posizioniamo alcuni grossi massi nel fiume, più o meno in fila
indiana, allo scopo di poterlo guadare più facilmente. L'operazione riesce e
ne beneficia anche la turista canadese che nel frattempo ci ha raggiunti.
Ormai è quasi fatta. Percorriamo gli ultimi metri che ci separano dai
fuoristradisti tenendoci tutti per mano e, quando arriviamo abbastanza
vicini, iniziamo a correre e a gridare a squarciagola simulando una carica.
Loro fanno lo stesso venendoci incontro: sembra una scena di "Brave Heart",
solo che, per fortuna, si conclude senza spargimenti di sangue, ma con
abbracci, strette di mano e pacche sulle spalle.
Abbiamo poco tempo per riposarci e raccontarci le rispettive giornate.
Massimo e Maurizio, i Capigruppo del viaggio, ci accompagnano in furgone per
un quarto d'ora di strada e poi ci abbandonano nuovamente sul ciglio del
sentiero. Al rifugio di BOTNAR mancano altri 8 Km di deserto nero.
Li percorriamo in silenzio,
a piccoli gruppi, con Marco davanti a fare strada. Siamo quasi arrivati
quando, sulla cima di una duna alla nostra sinistra, vediamo un piccolo
quadrupede che scappa, spaventato dalla nostra presenza. È una volpe artica,
come ci spiegherà poi la Voce della Natura, attirata in questa zona dalla
presenza del rifugio e dei relativi avanzi di cibarie degli escursionisti.
La ranger che ci accoglie è molto simpatica e ospitale. Mentre facciamo
stretching e montiamo le tende inizia a cadere qualche goccia di pioggia.
Non abbastanza, però, da farci rinunciare all'idea di cucinare tutti insieme
sul grande tavolo all'aperto.
Dopo cena, mentre scende piano piano la notte e, con lei, un'umidità da
tagliare a fette, Marco - tra un caffè, un tè, una tisana e qualsiasi altra
bevanda calda che riusciamo a tirare fuori dalle nostre provviste - ci tiene
svegli e allegri con alcuni esilaranti racconti di sue precedenti esperienze
di viaggio, facendoci già sognare le prossime mete. Ma per il momento la
prossima meta è la tenda! Buona notte! |