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(Esiste un tempo reale, ufficialmente scandito
in ore, minuti, anni e un tempo interiore regolato sull’intensità
delle nostre emozioni. Chi non sa quanto può essere lungo un minuto e
veloce un’ora? Viviamo il tempo allungandolo, accorciandolo,
accartocciandolo, dilatandolo, correndolo senza neanche rendercene
conto.)
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Credo di stare qui da tanto, ma da
così tanto che mi sembra da sempre. Cinque, forse dieci minuti, talmente
pieni da sembrare una vita...
La strada, stretta o sconnessa,
s’arrampica cercando d’imitare quella costa turbolenta e frastagliatissima,
senza dimenticare neanche un’insenatura. Sbalordisco curva dopo curva, nel
vedere da un lato le scogliere selvagge e il mare, mentre dall’altra parte
sembra di essere perduti in qualche pascolo alpino. Colpa delle nostre
origini mediterranee di pensare il mare come sabbia, come paesaggio di
pini marittimi , agavi e oleandri; anche da noi, talvolta le montagne
arrivano a picco sul mare, ma è tutto molto, molto diverso.
Comunque dicevo la stradina, l’auto
in un incredibile piccolo largo al lato di quella che le carte irlandesi
s’ostinano a chiamare strada, noi lì a fare fotografie, a riempirci gli
occhi di quell’incanto.
Comincio a camminare, a scendere il pendio verso il mare, per cercare
un’inquadratura , per trovarla come l’immaginavo, scendo, il terreno è
ripido o umido, verdissimo d’erba tenera schiaffeggiata continuamente da
folate di vento salmastro, irregolare ma incessante. I capelli sciolti mi
vanno dappertutto, secondo il ritmo del vento, cammino ancora e già non si
vede più la strada e mi sento completamente presa da ciò che mi circonda.
Poi, poi eccolo! Ho capito che quell’angolo lo aspettavo da sempre, e
finalmente l’avevo trovato. Non so perché. Mi è venuto da mormorare “ah,
sei qui”. Mi abbasso, quasi seduta, il vento non mi tocca più. Ancora
qualche metro di terra e poi l’erta scoscesa fino al mare. Un balcone
d’erba che s’affaccia su una piccola insenatura, una delle tante. Le onde
un po’ grosse, d’argento a scaglie vibranti, la loro schiuma, le rocce
nere. Gli scogli a riva e un poco fuori, dove inizia l’insenatura. Vedo
dall’alto il mare, che ora li sommerge lasciando naufraghe punte, ora si
ritira scoprendo le nude rocce.
Come un respiro profondo, s’alza e
s’abbassa ritmicamente, con grande potenza il fluire o il rifluire delle
onde spaventosamente forti (ma non agitate), sembra la sintesi del respiro
del mondo. Ho le vertigini, ho voglia di essere anch’io parte del tutto.
Mi sembra che la soluzione del mistero del mondo sia qui, in questo
alzarsi e abbassarsi delle onde, il senso del mondo a portata dì mano,
conoscibile col cuore e impossibile da dire con la mente.
Credo di stare qui da tanto, ma da
così tanto che mi sembra da sempre. Cinque, forse dieci minuti, talmente
pieni da sembrare una vita... |