Siamo partiti da Bangkok io e Davide cercando di
stilare giorno per giorno un resoconto cronologico, razionale,
descrittivo del nostro viaggio. Con l' andare del tempo il nostro diario
si è interrotto con il Laos anche se poi il sottoscritto ha tentato di
riorganizzare i ricordi in pagine che per problemi tecnici si sono
dissolte nel paradiso dei bytes. In Laos, nel cuore dell' Indocina il
nostro intento di scrivere si è dissolto, il tempo si è dilatato, la
tabella di marcia è diventata una mera contingenza terrestre; la
riflessione ha lasciato spazio alla contemplazione e al puro agire. E'
come se nel cuore dell' Indocina la vista si fosse voltata per
coinvolgere anche l' Io più profondo in un turbine di immagini (che la
nostra perizia fotografica non ha saputo cogliere), sensazioni, vissuti
irripetibili. I luoghi visitati hanno completamente cessato di essere
nomi su una cartina; le località sono diventate una fugace percezione e
presto un ricordo di un viso, di uno sguardo, di un sorriso; le visite
ai siti archeologici un pellegrinaggio, il letto un oasi, lo spostarsi
una condizione esistenziale, non più un semplice itinerario ma un vero
viaggio.
Siamo passati dal Laos al Vietnam con un bus notturno in un percorso
pieno di imprevisti.
Abbiamo soggiornato nella frenetica Hanoi imbevendoci dell' umanità che
sprigiona, con i suoi mercati, i suoi rumori, le sue voci. Non serve poi
elogiare la baia di Halong dove abbiamo passato una notte in barca
mandati a letto presto dall' equipaggio . . . che viaggio anche quelle
12 ore di treno fra Hanoi e Nha Trang. Solo giunti a quest' ultimo
paradiso balneare dalle spiagge semi deserte ci siamo adagiati per tre
lunghi giorni di meritata sosta-svago (l' ultima era stata quella a
Samui in Thailandia). Di fretta poi ci siamo dovuti dirigere verso
Saigon arrivando all' alba tra i suoi palazzoni, i suoi parchi e il
caldo atroce da metropoli che quanto a spirito è diversa da Hanoi. Con
un minibus, per 7 dollari ci siamo proiettati il giorno successivo nella
pianura della Cambogia: ancora un altro pianeta. Anche se la Cambogia
non avesse Angkor il paese resterebbe tutto fantastico. Ci siamo persi
una sera a Phnom Penh e abbiamo scoperto il suo popolo; siamo stati
sulle spiagge del golfo del Siam e ritornati nuovamente alla capitale
per volare a Bangkok e
da
qui ripiombare nella quotidianità nostrana.
E' passato un anno da quel viaggio in Indocina e come in nessun altro
posto le emozioni, le atmosfere, le percezioni mi hanno scolpito dentro.
Recentemente con un pò di nostalgia ho dato un occhio alle news delle
testate di quei paesi, una notizia agghiacciante riferisce di una coppia
di stranieri coinvolti come vittime in un assalto-sparatoria ad un bus
tra Vientiane e Vang Vieng dove sono morti oltre a loro altri 7 laosiani
e un cinese. Sono esplosi i dibattiti e c' è già chi raccomanda di
evitare il sud-est asiatico. C' è però anche una scritta ad Angkor che
spiega l' essenza della vita:
"ogni esistenza non è che una fiammella esposta ad un vento
violento . . ."
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