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Da Malpensa al Costa Rica Siamo a Milano-Malpensa alle tre di notte con un volo
per Amsterdam alle cinque e uno stop over nella città fino
il pomeriggio. Da qui a Miami e da Miami a San José. Facciamo solo colazione il giorno dopo e partiamo
verso Jaco, località della costa pacifica frequentata da surfisti
e abbastanza mal considerata da chi conosce meglio il Costa Rica.
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Playa Jaco Per farmi una idea dell' itinerario mi sono appoggiato
molto al web, ai blog e alle mie domande rivolte ai frequentatori
di quest' area. E' stata per noi una tappa congeniale per iniziare
e chiudere il nostro anello automobilistico nello stesso punto e non
lontani da San José. Jaco è sconsigliata perché
è una località per turismo di massa oltre che per i
surfisti. Tenendo presente altri paradisi del Costa Rica la spiaggia
non è eccezionale anche se non fa schifo. Non piace anche perché
è un posto dove spacciano alla luce del sole e battono quando
cala l' oscurità.
L' ultima sera della nostra tre-giorni diluviava, ci
siamo trovati sotto un riparo davanti ad un minimarket iniziando a
giocare a futbalìn (calciobalilla) con dei locali ,
sfidando varia gente fino ad essere battuti da un ragazzo e una ragazza
che ci ha conquistati sputando su di una di quelle aste del calcetto
che non scivolava troppo bene. Non è male Jaco alla fine ma
non è consigliato a chi ama la pace totale e il silenzio. | ||||||||||
Dominical Un' ottima iniziazione alla rilassata guida in Costa Rica è il percorso Jaco-Dominical. Dapprima asfaltata, la strada dopo Quepos diventa sterrata. Si passa per una pianura intensivamente coltivata e poi per un paesaggio che è "un' altro mondo". E' in questa seconda tratta dopo il guado di un fiumicello che si comincia a rimanere sbalorditi dalla maestosità del luogo. Dapprima una paludosa laguna in cui Davide ha visto una grossa tartaruga emergere e nascondersi, poi uno scenario apocalittico di alberi dalle cime mozzate, verso il monte invece stava un susseguirsi di fincas e di profili collinari densamente colorati. Abbiamo dato un passaggio a due ragazzi e poi trainato una macchina che era rimasta in panne. I ticos che stavano su quest' ultima hanno passato una brutta mezz' ora paranoiati dal dubbio che gli chiedessimo del cash in cambio del favore ma quando le cose si sono chiarite il più vecchio di loro mi ha stretto la mano dicendo : <Gracias hermano !> Ricongiuntici ad una strada asfaltata Dominical era praticamente
lì. Ci siamo solo curati di trovare una sistemazione con parcheggio
sicuro (perché in Costa Rica c' è chi rubacchia) così
abbiamo preso la prima che è capitata. Non è malaccio
come posto, bella spiaggia, buona soprattutto per i surfisti. Finiamo la serata in un ristorante tico e il dopocena al tavolo da
biliardo pieno di strappi e moscerini. Intanto esce un uomo dalla baita: un nord americano dall' aspetto
bonario, ci stringe la mano e ci dice di essersi trasferito lì
per sempre, con un paio di cavalli e un cane, ubicato fra foresta
pluviale primaria (dove gli alti alberi impediscono la luce alla bassa
vegetazione che così non cresce) e foresta pluviale secondaria
(dove invece cresce la anche la bassa vegetazione). <E voi invece
da dove venite ? Dove andate ?> La colonia italiana di San Vito E' per pura curiosità che ci siamo diretti a San Vito, il
punto più a sud del nostro itinerario automobilistico. Da Dominical
sempre dritti verso sud e ad un certo punto la strada gira verso Neilly;
da Neilly una strada a tornanti e a tratti dissestata (per non parlare
della strettezza) vi porta verso una sorta di altopiano pieno di colline,
cime verdi e rotondeggianti, un' aria più fresca, mi ha ricordato
per certi versi alcuni paesaggi del Guatemala, paesaggi verdi e morbidi
che sembrano fatti di marzapane. | ||||||||||
Golfito Golfito, sul Gulfo Dulce è un posto da evitare se non dovete
andare alla penisola di Osa. Questa invece è raccomandatissima,
è l' ultimo lembo di terra sul Pacifico con la vegetazione
veramente selvaggia, come era in prevalenza secoli or sono; qui stanno
coccodrilli , giaguari, e una cifra di escursioni da fare. La Penisola
merita minimo 3 giorni, non di meno, ed è raccomandata una
guida che costa qualche centinaio di U$ ma talvolta è indispensabile
(Si può accedere al Parco Nazionale anche dal Pacifico andando
a Bahia Drake). C' è chi si avventura da solo ma non è
consigliato ai meno esperti (c' è chi è morto di sete
o attaccato da animali). Non abbiamo visto Osa ma se c' è un
posto eccezionalissimo da vedere è questo (se dovessi avere
solo dieci giorni per il Costa Rica e concentrarvici le finanze è
questa la prima cosa per cui spendere tempo e danaro). Ci siamo semplicemente fermati a Golfito, all' Hotel Golfito
passando mezz' ore sulla terrazzina che dà sul molo conversando
ora con un pensionato americano (era accompagnato da una interprete
locale ma a mio avviso la presentava così solo per salvare
le apparenze), ora con una ragazza italiana che il giorno dopo partiva
per Osa (insieme ad un tipo tedesco incontrato per caso, dall' aspetto
mite ma che secondo la mia classificazione lombrosiana aveva la faccia
da serial killer). Con il buio mangiamo un ceviche nella via
che sta in fronte all' Hotel dalla parte opposta; veramente poco raccomandata
perché si può rischiare lo scippo ma non è poi
così pericolosa quando si è in due. Ci sono un paio
di pubs e nell' ultimo di questi abbiamo socializzato con dei marinai
di Puntarenas parlando dei mondiali che stavano per arrivare e della
loro speranza di vedere il Costa Rica se non campione del mondo almeno
tra i primi classificati (aspetta & spera ! ah ah ah !) . | ||||||||||
Delenda Cartago ! Ce ne andiamo di primo mattino e sarà un viaggiazzo, dobbiamo
arrivare prima del buio a Cartago. Un vero e proprio viaggio nella
biodiversità dei paesaggi: dall' asfissiante afa del porto
di mare ai piedi del grande Chirripò (il monte più alto
del Paese) percorrendo tutte le sfumature bioclimatiche tra montagna
e clima tropicale; da San Isidro el General dove abbiamo pranzato
(e Davide ha acquistato l' ultimo cd di Santana o-r-i-g-i-n-a-l-e
ad uno sproposito !!! ossia a quasi 30 U$ !!! ) , alle nebbie dell'
infinito zigzagare della strada che infine scende verso una liscia
vallata. Un asfalto a tratti scivoloso e con dei cuori enormi gialli
come segnaletica. Quando in Costa Rica c' è un grosso cuore
dipinto sull' asfalto è il segno che qualcuno in quel punto
ci ha lasciati. E' già tardi pomeriggio quando entriamo in
Cartago.
La classica cittadina a cuadras, con gli edifici tutti livellati
ad una certa altezza, ha rivestito il ruolo di capitale prima di San
José. Ci sono i resti di quel primo insediamento nella piazza
principale . Noi andiamo a risiedere con la vista sulla piazza della
relativamente nuova cattedrale de Los Angeles costruita dopo il terremoto.
Questa cattedrale al suo interno ha anche un piccolo altare in legno
dove è rappresentato Dio in persona: un uomo più anziano
di Gesù che invece dell' aureola rotonda ce l' ha triangolare
(anche in Nicaragua si trovano esempi analoghi). Non è una
città predisposta al turismo ma ci siamo sistemati in un posto
più che decente. Abbiamo bazzicato tutta la serata per le vie
del centro, ingollata qualche cerveza Pilsen (fino a quel momento
avevo bevuto la Imperial) e finito per mangiare in una sorta di steak
house dove Davide è stato preso da un raptus hooligano quando
ha scoperto che il filete non era un filetto vero ma una bisteccazza
qualsiasi . . . Verso il vulcano In poco tempo da Cartago si giunge a San José; per intuito,
per sorte, o per che altro abbiamo preso una "scorciatoia"
che passava per il centro della capitale; senza più i cartelli
e nel traffico di una domenica mattina in zone centrali non ben precisate,
con code e gente che suonava il clacson fra mercati e confusione;
un flash di clacson e gente che sgattaiola tra le macchine, un pò
da casbah, ma per pochi minuti perché non so come ma la nostra
macchina girando a destra poi a sinistra e torna sulla strada più
grande che vedi e vai, ci si è trovati in direzione giusta
a buona velocità e pronti a deviare non appena l' indicazione
La Fortuna - Arenal dice di svoltare a destra. Qui ancora un' altro
viaggio nella biodiversità. Cartelli e cartelloni a bordo strada
che indicano la presenza di parchi nazionali e privati. Molti di questi
offrono il canopy tour: l' ebbrezza di volare sopra foreste
pluviali primarie o secondarie imbragati e appesi a un filo d' acciaio
(brivido che può costare anche attorno ai 100 U$). Brivido
che si può provare anche gratuitamente attraversando un ponte
dissestato come ci è toccato prima di arrivare a La Fortuna.
Quando arriviamo c'' è una specie di festa con la banda di
ottoni e delle maschere. | ||||||||||
Paradiso & inferno a La Fortuna Scarico la memorycard della mia macchina digitale e
archivio tutto in un cd poi acquisto un cd musicale da un venditore
ambulante. Una compilation per 2 dollari ? Sarà legale ? Boh
? Proprio in quel momento esce dalla porta che dava sugli scalini
un gendarme e saluta il venditore: < Buenas ! >. Alzo lo sguardo
e mi accorgo che quella è una caserma. Playa Tamarindo e Penisola di Nicoya Non volevo includere Tamarindo nell' itinerario, sapevo
che sarebbe stata una delusione per me rivedere un posto che già
undici anni fa era già avviato al turismo, ma non era ancora
così sviluppato da potere disgustarmi. Là dove c' erano
bungalow oggi ci sono palazzine a due, tre, quattro piani. Tutta un'
altra cosa, forse più comodo di una volta ma ormai sputtanato.
La spiaggia sempre bella per fortuna e il tramonto qualcosa che nessun
commercio umano può rovinare, ma passeggiando non ho più
visto le numerose scimmie libere che stavano sugli alberi quando andai
la prima volta. La penisola di Nicoya abbonda di fantastiche spiagge,
noi ci dirigeremo il giorno successivo verso la punta meridionale
della Penisola facendo però una sosta a Playa Tambor per la
pausa pranzo. Anche qui però una nota di demerito per la svendita
che si è fatta di interi pezzi di costa a compagnie ed investitori
stranieri. Se ne lamenta un pescatore tico con cui parliamo che non
può più passare in certe aree della spiaggia perché
lo cacciano. Vediamo infatti ogni tanto un piccolo biplano atterrare
nei pressi di un grande resort che domina lungo l' arco di sabbia.
L' avidità fa poi sì che anche il ristorante in cui
abbiamo mangiato ci freghi facendo dei suoi prezzi tutti particolari.
Comunque proseguiamo lietamente il viaggio verso Montezuma ammirando
dal finestrino paesaggi dall' aspetto jurassico, panorami poco simili
a quello brullo della parte più settentrionale della penisola.
La gente ci saluta con il mignolo e il pollice distesi: <Pura Vida
!> | ||||||||||
Da Montezuma a Puntarenas
Abbiamo dovuto attraversare 3 corsi d' acqua. Ero scoraggiato al primo ma al terzo che infine era quello più rischioso avevo ormai capito con quale determinazione dovevo rischiare di bagnare il motore. E' stato veramente un bel tratto, ci ha attraversato la strada anche una scimmia urlatrice e un' altro non ben identificato quadrupede. Era una giornata stupenda tra l' altro. Avremo passato almeno tre ore di seconda-terza tra campi, praterie, animali, scenari jurassici e sabaneros col machete a cavallo. Appena sulla strada asfaltata ci siamo ricordati di avere fame e di poter pranzare ad un ristorante cinese che avevamo avvistato sulla carretera mentre andavamo a Montezuma ma non ci eravamo fermati. E' un signore di Hong Kong, risiede da una vita in Costa Rica, doveva tornare in patria ma rivista la Hong Kong dei colletti bianchi pochi anni fa ha preferito non vederla mai più e continuare a lavorare libero di indossare una camicia bucata col suo ristorante casalingo e una moglie tica di una ventina d' anni meno di lui, con un figlio avuto da lei e un' altro più grande tutto cinese ma che parla solo castellano. Non ho mai mangiato un pollo così grande in vita mia (forse era un tacchino . . . o chissà cosa !??); buonissimo comunque per la salsa che ha preparato al volo e le patatine fritte fatte al momento. Ci saluta <Pula vida !> e noi via: verso Puntarenas, un posto che mi ricordavo più vivo in quel lontano aprile 1995. E' una località di mare come può essere Alassio qui in Italia. La spiaggia non merita, rimane un porto di mare e località
di turismo locale ormai decaduta. Ci siamo fermati una notte in un
grottesco hotel e il giorno dopo a Jaco per la riconsegna del mezzo. | ||||||||||
Di nuovo senza macchina a Jaco Abbiamo consegnato la macchina il mattino e poi siamo tornati al De Haan per una sola notte. Addio alle fantastiche avventure di guida, addio al nostro quotidiano otto ore al volante, addio ai cd di Rossini, Santana e compilation di Regeton che d' ora in poi saranno solo inutili soprammobili (anche se del genere Regeton ci si può nauseare in 40 giorni in America latina). In Costa Rica non è da tutti fare 1500 km in così pochi giorni (è inconcepibile per molti con cui ho parlato il non fermarsi più di una notte nei posti). Il noleggiatore mi rimprovera di non avergli portato un qualche biglietto da visita su San Vito come promesso e gli ho risposto con la menzogna che non ce n' erano (cosa pretendeva dopo averci dato la jeep rossa con le ruote lisce mentre eravamo d' accordo su quella verde con le gomme nuove ?). Quel pomeriggio abbiamo conosciuto un romano che ormai vive a San José ma si spara tutti i week end a Jaco. Romano de' Roma nella parlata, ogni tanto intramezza parole in spagnolo, ha così sostituito "an vedi" con "mira oh" e io presto sono diventato "a Ciccio !" . . . . . Ci racconta della sua vita a San José, del fatto che all' inizio spendeva un cifrone ma ora sta imparando a tenere conto dell' importanza anche dei pezzi da 100 colones ed è così che assistiamo al suo trasferimento di camera dal Bohio alla più economica ospitalità di Rob, un tico che vive in una baracca.
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San José San José era un vago ricordo di serate in trasferta dal quartiere
Escazu al Pueblo. Il Pueblo è il centro
di vita serale. Una cosa un pò forzata, come per dire: "divertitevi
qui!" Già era allora un pò così, era un
posto di balere, ma oggi è ancora più forzata la cosa,
mi ha ricordato tristemente alcune viette delle isole greche con microbar
dai cocktails vomitevoli o troppo acquosi e sicuramente improvvisati,
musiche che si sovrappongono per l' alto volume . . . uno squallore
! Ci vengono in ciabatte gli stranieri e le giovani straniere, bionde
ubriache e mal vestite, le locali in aspetto più curato e troiesco
sfumano però il loro esotismo in un triviale conformismo di
stile: zeppe, pantalone a zampa, piercing all' ombelico e trucco pesante.
Erano altri tempi 10 anni fa, andavamo all' Infinito che era
una balera dove al banco stavano personaggi variopinti, camerieri
intrallazzoni ed educati "degustatori di bevande spiritose";
oggi invece è una discoteca con un altro nome, forse meglio
per la musica ma è un' atmosfera tutta cafona. Per mia regola
quando cominciano ad esserci i buttafuori palestrati a fare bella
mostra di auricolari tutti i posti del mondo sono da boicottare non
tanto per loro che ci lavorano poverini, quanto perché la loro
presenza è generalmente il sintomo di un ambiente di arrogante
ignoranza. Così siamo andati una sola sera in quel cacchio di posto sfilando
poi in taxi per il mercato ortofrutticolo mentre ormai albeggiava.
E' comunque molto variegato il popolo tico, un porto di mare dove
la gente ha tratti di ogni tipo, dal meticcio al nero, dal caucasico
al mulatto. Questo cinema di fauna umana lo si può vedere dal
ristorante Boca de toros dove ci sono questa sorta di loggioni
che danno sul' isola pedonale (ma dalla strada non si notano in quanto
incalottati da tende a cupola). | ||||||||||
Da San José al Nicaragua Arriviamo camminando alle cinquemmezza del mattino
alla stazione Deldus Bus con destinazione Penas Blancas poi
da lì si passa la frontiera a piedi, i controlli, la propina
per fare più in fretta, cambiati i soldi alla banca , si esce
da una porta stretta aldilà di un muro; il propinato (2 - 3
U$) ci mette su un taxi e via verso S. Jorge : il pueblo dove
c' è il molo del ferry per l' isola di Ometepe. Sono quasi
emozionato per il fatto di aver dato soddisfazione ad una curiosità
che covavo da anni: recarmi su quella striscia di terra che sta fra
il più grande lago del Centro America e il Pacifico. Colline
pianeggianti a sinistra e quel lago che sembra un mare a destra. Tutto
un altro mondo. C' è chi gira trasportato da carretti con le
gomme trainati da un cavallo. Si sfiora Rivas e presto si è
al molo. In una mezz' ora si è già arrivati a Moyogalpa.
Guardo sulla guida quale è il posto più vicino in cui
alloggiare. Esiste ancora ma è chiuso per sempre chissà
da quanto (c' erano ancora le Lire in italia quando è uscita
la guida di Scòzzari). Pazienza ce ne è uno poco più
in là. Quante cose interessanti a Ometepe, specie a chi interessa la Finca Magdalena (azienda ecologica ed ecosostenibile) o camminare ore con guida per vedere uno dei due vulcani; per tutte queste cose può meritare qualche giorno in più. E noi ? Al massimo due notti per girare nell' unico giorno pieno tutta l' isola in moto. Bella mossa. Una moto in due per andare a guardarsi un pò in giro. Il tipo del noleggio è lo stesso che ci aveva accolti il giorno prima per offrirsi da guida. Sull' isola ci sono anche testimonianze storiche che sono in parte raccolte ad Altagracia e nella zona della Finca Magdalena i famosi petroglifos: pietre incise con arcani disegni. Il noleggiatore ci segna sulla cartina dei posti da vedere : Punta Cristo, Charco Verde, Altagracia , Playa Santo Domingo . . . <San Marcos ma solo se vi avanza tempo>. San Marcos invece è il posto che mi è piaciuto di più. Così lontano da tutto ma sempre sotto la cima di un vulcano, solo qualche casa e le reti da pesca a stendere, un molo ormai allo sfacelo, piramidi di sassi dove le donne lavano e il grande lago in cui mi butto vestito nonostante non sia una cosa piacevole; mi tuffo perché delle formiche sono salite dal piede a sotto i pantaloni, troppe per riuscirmene a liberare a secco. La sera conosciamo Bill, dalla Florida, al contrario di molti gringos
è un tipo che non viaggia in questi posti per fare la vacanza
"sportiva" o di pseudo-avventura quanto per la gente. Viaggia
da solo e si sforza di comunicare in spagnolo con un frasario che
tiene sempre in tasca e nell' altra tasca la macchina fotografica,
pronta ad immortalare i personaggi incontrati. Ceniamo alla pizzeria
Chido's con lui, dopodiché passeggiamo tutti e tre per
le vie di Moyogalpa; sono così deserte che un vecchietto fuori
dalla porta dice ad altri: <donde la verga se van estos ?> (ossia:
dove casso vanno questi ?). Granada L' Hotel El Italiano, segnalato dalla guida, è
un bel posto. Ci raggiunge lì anche Bill che si complimenta
per la nostra scelta. Si chiuderà in camera sua tutto il giorno
rilassandosi e chilling out (cazzeggiando). Per quanto turistica Granada è una cittadina vivibile, colorata, agevole e per molti aspetti agiata. La sera o il pomeriggio che si è in vena di spendere è raccomandato il Sawan a patto che vi piaccia la carne. Il ristorante, non proprio in centro ma lì vicino è forse il migliore in cui abbiamo mangiato in quaranta giorni di assenza dall' Italia. Non mancano anche ristoranti esotici oltre l' italiano. Sulla stessa via dell' Hotel Italiano c' è infatti il Monnalisa. L' allegra coppia che lo gestisce è italiana così come le pizze sono le più decenti tra quelle mangiate, il sincero vino alla spina . . . forse ci sta anche una seconda pizza in due, un caffé e una sambuca a parte. Non è il mio obbiettivo cercare casa mia in capo al mondo ma sul mangiare ogni tanto . . . se capita . . . ci vuole. Parliamo con Giovanni portandogli i saluti dello statunitense a cui aveva lasciato a Jaco la meglio-pizzeria di Jaco. Giovanni e la moglie hanno preferito il Nicaragua, il boom di Jaco ha fruttato loro la possibilità di vendere per trasferirsi al meglio a Granada dove ormai sono di casa e persino i genitori anziani venuti dall' Italia si divertono andando in giro a parlare in dialetto veneto coi locali. Ci siamo persi una volta io e Davide. Camminando per il
"percorso turistico" in zona lungolago siamo finiti in una
baraccopoli: una zona veramente povera con rigagnoli di detersivo
e case in lamiera. Tutti ci hanno dato una mano a ritrovare la strada
tanto che tre ragazzi ci hanno accompagnato personalmente sulla via
che conduceva al centro. Si vedono molti stranieri qui in giro perché
non può non piacere questa città. Ci ripromettiamo di
tornare se avanza tempo viste le distanze accettabili che ci sono
nel paese, ma non lo faremo. | ||||||||||
Masaya Per andare al vulcano Masaya dalla stazione dei minibus di Granada vi diranno di fermarvi al negozio di hamacas di Masaya. Davide ne acquista una poi prendiamo il primo taxi perché ci porti alla bocca del vulcano . L' autista è con una donna più anziana, sua madre; lei dovrebbe andare al mercato ma poi decide di venire con noi. <E' da quando mi sono sposato che non vengo più quassù>; sì l' autista era venuto qui il giorno delle nozze per le foto di rito. Due ragazze sono addette come guide del cratere. Si possono raggiungere certi punti solo se guidati da loro. Una arriva a spiegarci delle cose mentre ci respiriamo quell' aere infernale. Mi fa un pò pena quella ragazza: ogni tanto tossicchia e poi tira su un pò di aria pura da una maschera antigas. C' è un museo vicino all' entrata del vulcano, datovi un occhio
ce ne andiamo verso il mercato dell' artisanìa (troppo
turistico). La madre del taxista intanto ci dice che <los nicas
son de matamama>, ossia degli "assassini di madre", si
dice così a coloro che acquistano prodotti stranieri, o visitano
paesi stranieri quando invece è tutto già lì
a casa loro, un posto tenuto non bene come il Costa Rica ma che <ha
cose ancora più belle>. (Non lo dica a noi, io non ho mai
visto un vulcano in Italia, mai tornato dopo l' infanzia nel nostro
fantastico sud, mai viste cose per cui vengono i giapponesi fino da
noi . . . ). Da non perdere è la spettacolare laguna di Masaya. Managua
I nicas comunque danno sempre corda agli stranieri. Una volta una guardia giurata non mi mollava più. Quanta gente iniziando a parlare non la smette più. Tutti poi che vogliono il tuo numero di cellulare. Non ha senso, anzi offende la risposta: <il mio cellulare non prende qui>. Quanti ubriachi anche. Il Nicaragua non è certo un posto dove ci si deve vergognare se non si ricorda quello che è successo ieri perché si è bevuto troppo. Leon - Una hora y media, dos - Il minibus è il mezzo più confortevole. Che dormita ! Leon ha molto in comune con Granada ma è meno pulita. La piazza centrale è imponente , tutta la città a cuadras ma piena di piazzette, piena di chiese, chiesette autentiche e tanti murales a sfondo socio-politico. E' una città studentesca, piena di centri per fotocopie, studenti ma anche mercati, mercatini, negozietti, angoli pittoreschi. Sul minibus del ritorno un nica dall' aspetto benestante ci parla dell' Italia e di quanto è bella l' Europa. Ci domanda perché non siamo andati in Germania a vedere il futbòl, non ci crede che preferiamo vederlo in tele a Managua e così insinua che siamo due poveretti venuti fin lì perché non potevamo permetterci il lusso dei mondiali allo stadio . . . . <sì siamo due poveretti>, mi calo il berretto e dormo per non sentire più le sue stronzate. Per sera siamo a Managua. |
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Il quartiere "Casa Obreros, dos cuadras al sur y media arriba". Questo è il modo per dare un indirizzo in una metropoli dove le vie non hanno nomi ma vengono contate a partire da punti di riferimento noti e poi dando delle coordinate cardinali (il lago è considerato il norte quindi fate i vostri conti o imparate a memoria la formula magica). Se c' è un luogo da visitare per ammirare Managua nel suo splendore è il Parque Historico. Da lì si nota quanto è verde Managua. Non ho scattato le foto in una giornata col sole. C' ero arrivato a piedi dal nostro quartiere: il Martha Quezada. Immediatamente sotto la cima c' è anche una laguna ma non è un posto in cui immergersi. Passare dieci giorni così è stato troppo bello. Adagiarsi e fare i lazzaroni dalla mattina alla sera. . . pomeriggi a oziare e dire <che bella vita si fa qui>. Molta gente eviterebbe un posto come questo. Il Santos assomiglia a una casa occupata , ci sono pitture su tutti i muri, oltre ai backpackers ci sono anche alcuni personaggi pittoreschi , felliniani . . . . La via non è delle più belle ma è bella così. Inoltre con quello che costano i taxi, li usiamo sempre. Istauriamo come abitudine il mangiare negli stessi posti. A mezzogiorno da Ramon e la sera da Sara. Nel giro di una settimana conosciamo quelli che qui restano almeno quanto noi e vediamo molta gente scappare via subito. Ogni tanto si aggrega a noi un tedesco che arriva dal Guatemala ed è passato per El Salvador ed Honduras. <Welcome to Managua> , appena arrivato ha subìto un assalto con pistola da parte di tre giovinastri che gli hanno portato via quei quattro soldi con cui girava per il quartiere nonché la chiave del suo cuarto (perché attaccata ad un cordòba come portachiavi). Anche un francese che pareva essere appena uscito dalla Legione straniera, con molto umorismo, ci ha detto che al mercato si è trovato puntati addosso tre coltelli, tre mani che gli hanno tastato addosso e preso quello che hanno sentito: passaporto e soldi. Che personaggio quello, era un francese delle ex colonie che ha vissuto solo nelle isole dell' oceano indiano per poi sposare una malgascia e vivere in Madagascar. Gli chiedo di Tanà (Antananarivo), la capitale del Madagascar e mi dice che non è mai così pericoloso come a Managua. Non occorre andare al Mercado oriental, basta passare per l' angolo sbagliato, in rari casi prendere il taxista sbagliato . . . Non bisogna però esagerare. Ci sono città ben più pericolose nel sud e nel nord America rispetto a Managua . Il taxi si può prendere anche davanti all' Hotel e se non vi fidate neanche di quello fatevelo chiamare. Non ci è mai capitato nulla di spiacevole. Ci è capitato di uscire anche a mezzanotte e dover fare un pezzo di strada a piedi per fermare i taxi su una strada più trafficata. Ovviamente non bisogna portarsi appresso le cose più importanti ; bastano pochi spiccioli per il taxi e/o un paio di birre, e nel caso siate minacciati per quel poco basta semplicemente mollare tutto. Mi ricorderò sempre un ragazzo di quella strada, con un' occhio di vetro che contribuiva in qualche perverso modo a far sembrare la sua espressione normale come un perenne sorriso. Lo chiamavo Luciano perché mi ricordava fisionionicamente un Luciano che conosco ma che sta su tutt' altra strada. Luciano ci scroccava sempre le sigarette e datagliene una ne voleva un' altra. Poi chiedeva soldi. Il ragazzino del ristorante lo cacciava via anche a spintoni. Un ragazzino già adulto nei modi di fare che ci ha raccomandati di non dare corda a Luciano perché è tutto gentile di giorno ma di notte te asalta; è uno che si fa duro: fuma pedras. Così tutte le volte che uscivamo sul tardi ci ricordavamo dell' angolo di Luciano. Ce lo aspettavamo sbucare fuori con una bottiglia rotta o un coltello ma spesso a quell' ora era già cotto, seduto sul marciapiede davanti ad un centro vendita di elettrovalvole, col suo occhio di vetro e l' altro vitreo e fisso, senza neanche la voce per chiamarci e scroccare una sigaretta. Una volta ha provato a fare la "furbata" di mandarci una tipa messa come lui per adescarci mentre mangiavamo da Sara ma venne cacciata immediatamente dai gestori. Questi e tanti altri personaggi bazzicavano per la via. La sera arrivavano anche dei bambini che sapevano fare miracoli con delle foglie lunghe e secche. Una sera uno di questi mi ha messo senza che me ne accorgessi una cicala fatta a mano vicino al piatto ed era fatta così bene che mi è sembrata vera. Quanta gente abbiamo conosciuto in quella strada, anche una donna incinta che lavorava al ministero dei trasporti e si è offerta di accompagnarci in macchina alla fantastica Laguna de Apoyo. Il mio resoconto su Managua potrebbe essere un ampio capitolo in cui descrivo mille figure, inaspettati incontri (come una sera alla discoteca Matrix, deserta, quando tre militari mi hanno bloccato invitandomi a bere con loro. Il capo di questi sull' alticcio andante ha cominciato a parlarmi della Repubblica di Platone e via via discorrendo mi ha fatto un sunto della Storia della Filosofia del pensiero occidentale da Talete a F. Nietzsche). E i taxisti ? che personaggi ! Mi dispiace assai di non aver chiesto il numero a molti di loro. Non abbiamo mai incontrato un taxista stronzo eccetto una volta. Ha voluto uno sproposito quel figlio di puttana e non volevamo litigare con lui così gli abbiamo dato e detto <vaffanculo!>. Tutti gli altri invece abbastanza onesti. Un buon 50% addirittura simpatici e di questi una buona parte dotati di un senso dell' umorismo esilarante . . . Non mi voglio soffermare oltre su Managua. Ci è
piaciuta un casino. Dovevamo starci due-tre notti al massimo invece
sono volati ben dieci giorni. Se la vorreste evitare ma vi tocca fare
una notte e non volete prendere contatto con la vita del posto potete
alloggiare nella zona rosa. E' un peccato evitare Managua per sentito
dire. E' un' ottima base per raggiungere in poche ore di bus tutte
le località più storiche del paese. "Perdendo"
dieci giorni a Managua e sette a San Juan del sur non ci siamo inoltrati
nel selvaggio nord nè sul versante caraibico dove sta una famosa
destinazione: le Corn Islands. Pazienza, ne è valsa la pena. | ||||||||||
San Juan del sur - Sette giorni possono anche volare fra spiaggia, mangiate di pesce e l' immancabile coppa del mondo in cui la nostra nazionale finalmente passa il turno. San Juan del sur è la promessa per gli investimenti stranieri, è una località balneare su cui scommettono anche due genovesi che abbiamo conosciuto sul posto mentre posavano le prime mattonelle di un muro interno della pizzeria che stanno per avviare. La sera è un posto abbastanza morto ma con tante sale biliardo. Rivas La festa patronale La festa comunque non è finita, il giorno dopo continuano le sfilate con banda e maschere. E' proprio ora di andarcene per noi, finita la festa passiamo l' ultima tranquilla notte alla casa 28 e ci facciamo portare direttamente alla frontiera dal taxista. Cambio in colones gli ultimi cordobas avanzati ed è così presto che non dobbiamo fare alcuna coda. NOTARE BENE che passando a piedi non occorre poi mettersi nella lunga fila della gente che prende i bus diretti Managua-San José , quindi per passare tra Costa Rica e Nicaragua conviene sempre prendere un bus per il confine e da lì un altro per la destinazione desiderata. Di nuovo in Costa Rica Puerto Viejo e ritorno I caraibi sono prevalentemente cielo grigio, umidità,
nebbiolina sollevata dalla prepotenza delle onde. Un' atmosfera tersa
che dà più un' idea di infinitezza e di gravità
che di allegra spensieratezza. E' comunque una bella vita quella che
si fa da queste parti. Ci sono ragazze europee ed americane che si
accompagnano ai locali, mentre i ragazzi stranieri arrivano non per
le donne locali quanto per la ganja, il reggae, la tavola da surf.
<You have to smoke weed to think positive !> ci rimprovera ogni
giorno qualche giovane rasta per invogliarci a smokkare. Perché
? non sembriamo abbastanza positivi ? Ci facciamo quattro notti a
Puerto Viejo istaurando un giro di abitudini e non intendiamo muovere
un dito per stressarci neanche un pò. Grandi dormite, passeggiate
e frullature totali nelle onde di una lunga spiaggia più a
sud. Spuntino di mezzogiorno e mangiata serale innaffiata da vini
cileni. Che sballo addormentarsi quando fuori diluvia. Anche la pioggia
è una bella cosa. | ||||||||||
Da San José ad Amsterdam |