Costa Rica e Nicaragua

Diario di viaggio di Francesco

Nel 1995 andai per la prima volta in Costa Rica con due amici. In tutto questo tempo ho desiderato tornarci ma intanto undici anni sono passati e molte cose sono cambiate sia qua che là. Ricordavo i ticos, un popolo che occupa uno degli stati più piccoli del mondo: uno stato-parco naturalistico in cui spendemmo due settimane fra Cahuita ,Tamarindo e la capitale San José. Il Costa Rica è detto anche "la Svizzera del centroamerica", dove bonariamente ci si saluta con "Pura vida!", un augurio di sana vitalità (un augurio che funziona visto il tasso di mortalità inferiore persino a quello degli Stati Uniti).

1995

Questa volta però con Davide vedrò anche il Nicaragua (dove invece gli abitanti si chiamano nicas), paese dal passato tribolatissimo e molto meno avvezzo al turismo anche se è sulla buona strada per ampliarsi in quel senso. Descrivo quindi qui sotto l' itinerario di quest' anno e nell' apposita sezione le notizie pratiche che tanto interessano.
 

amsterdam

Da Malpensa al Costa Rica

Siamo a Milano-Malpensa alle tre di notte con un volo per Amsterdam alle cinque e uno stop over nella città fino il pomeriggio. Da qui a Miami e da Miami a San José.
Grande scocciatura quella di Miami: compilare il modulo per gli States e poi la schedatura nei loro archivi con impronta digitale e foto fatta con webcam, tutto questo solo per il transit; non tanto che mi freghi che loro abbiano le mie foto e impronte, quanto la rottura dello sbattimento e perdita di tempo annessi . . .
Arrivati a San José prendiamo un taxista che ci porta in un posto abbastanza centrale ma anche vicino al terminal degli autobus Autostacion Cocacola.

San José all' alba

Facciamo solo colazione il giorno dopo e partiamo verso Jaco, località della costa pacifica frequentata da surfisti e abbastanza mal considerata da chi conosce meglio il Costa Rica.
 

Playa Jaco

Playa Jaco

Per farmi una idea dell' itinerario mi sono appoggiato molto al web, ai blog e alle mie domande rivolte ai frequentatori di quest' area. E' stata per noi una tappa congeniale per iniziare e chiudere il nostro anello automobilistico nello stesso punto e non lontani da San José. Jaco è sconsigliata perché è una località per turismo di massa oltre che per i surfisti. Tenendo presente altri paradisi del Costa Rica la spiaggia non è eccezionale anche se non fa schifo. Non piace anche perché è un posto dove spacciano alla luce del sole e battono quando cala l' oscurità.
L' ambiente dove abbiamo alloggiato è comunque un posto molto sano, ci vanno i surfisti ed è pulito e sicuro. Ci siamo presi due giorni di descanso total e uno per scegliere bene la macchina da noleggiare. Di giorno se non siete dei surfisti c'è poco da fare a meno che facciate escursioni nelle vicinanze. A poco più di un' ora di auto c' è il Parco nazionale Manuel Antonio a sud mentre a nord il meno visitato Carrara. Di parchi nazionali abbonda il Costa Rica. Escursioni nella naturaleza è possibile farne ad ogni angolo del paese; il Costa Rica è un paese famoso per la biodiversità (ossia per la varietà di habitat naturali concentrati in così poco spazio). Anche senza andare a fare escursioni nei parchi può capitare di avvistare vegetazione o animali rari tanto che dalla spiaggia di Jaco un pomeriggio ho visto due pappagalli ara macao riconoscibili dal piumaggio rosso (presenti prevalentemente solo nella penisola di Osa e in minima parte nel parco nacional Carrara).

il De Haan


Di sera Jaco si accende, è piena di ristoranti e locali. Uno dei più storici e dall' ambigua fama è il Beetle's bar; si chiama così per un maggiolino wolksvagen sezionato in due e posto all' entrata del bar. Malfamato perché la sera oltre ai soliti habitué sui 50/60 anni ci sono le ragazze che lavorano come ragazze che vanno con quegli uomini. Uomini prevalentemente americani che non vogliono imparare una parola di spanish, tutti dediti al bere e con un apice intellettuale medio diretto prevalentemente al seguire lo sport in tele. Oltre a questo posto ci sono un paio di discoteche e il Pancho Villa, ristorante sempre aperto con night club al piano superiore. Il tutto è dispiegato su di un unico viale che si dirada in direzione nord dove c' è la fermata degli autobus, Pizza Hut e un grande hotel.

Pancho Villa

L' ultima sera della nostra tre-giorni diluviava, ci siamo trovati sotto un riparo davanti ad un minimarket iniziando a giocare a futbalìn (calciobalilla) con dei locali , sfidando varia gente fino ad essere battuti da un ragazzo e una ragazza che ci ha conquistati sputando su di una di quelle aste del calcetto che non scivolava troppo bene. Non è male Jaco alla fine ma non è consigliato a chi ama la pace totale e il silenzio.
Ritirato quindi un fuoristrada Dahiatsu per cui avevamo preso accordi il giorno prima, abbiamo lasciato questa piccola bolgia vacanziera e via (acquistando di fretta al supermercato un cd di musica classica : Rossini con la sua Gazza ladra).
 

Verso DominicalDominical

Un' ottima iniziazione alla rilassata guida in Costa Rica è il percorso Jaco-Dominical. Dapprima asfaltata, la strada dopo Quepos diventa sterrata. Si passa per una pianura intensivamente coltivata e poi per un paesaggio che è "un' altro mondo". E' in questa seconda tratta dopo il guado di un fiumicello che si comincia a rimanere sbalorditi dalla maestosità del luogo. Dapprima una paludosa laguna in cui Davide ha visto una grossa tartaruga emergere e nascondersi, poi uno scenario apocalittico di alberi dalle cime mozzate, verso il monte invece stava un susseguirsi di fincas e di profili collinari densamente colorati. Abbiamo dato un passaggio a due ragazzi e poi trainato una macchina che era rimasta in panne. I ticos che stavano su quest' ultima hanno passato una brutta mezz' ora paranoiati dal dubbio che gli chiedessimo del cash in cambio del favore ma quando le cose si sono chiarite il più vecchio di loro mi ha stretto la mano dicendo : <Gracias hermano !>

Verso Dominical
Verso Dominical
trainando una macchina

Ricongiuntici ad una strada asfaltata Dominical era praticamente lì. Ci siamo solo curati di trovare una sistemazione con parcheggio sicuro (perché in Costa Rica c' è chi rubacchia) così abbiamo preso la prima che è capitata. Non è malaccio come posto, bella spiaggia, buona soprattutto per i surfisti.
Il primo signore che ci si avvicina a Dominical vuole spacciarci qualcosa: <ho quattordici uova> ci dice, ma noi fra quattordici ore ce ne saremmo andati. Purtroppo non siamo dei surfisti. Abbiamo visto una coda interminabile di formiche che portavano foglie e ammirato un bel tramonto era già sera.
Di sera non c' è un gran movimento come a Jaco, c' è qualche ristorante e qualche locale reggae oriented , è un posto più da fricchettoni e surfisti (oltre agli operai della centrale elettrica). Le sistemazioni non sono solo in muratura, ci sono anche bungalow e molti posti dove piantare una tenda. Molto diverso rispetto a Jaco, qui si cerca di vivere naturalmente (conoscerò poi un tipo a Golfito che mi ha raccontato di aver venduto casa sua in California per venire qui con degli amici a viver sano e mangiando organico).

formiche al lavoro
Playa Dominical

Finiamo la serata in un ristorante tico e il dopocena al tavolo da biliardo pieno di strappi e moscerini.
Mi sveglio prestissimo così vado in spiaggia. Rientrando incontro lungo il sentiero boschivo un tipo con lattina in mano, di sana costituzione ma vistosamente ubriaco. Si vuole presentare a tutti i costi mentre un suo amico che si vergogna per lui se ne va lasciandomelo fra i coglioni. Mi dice di non essere nato a Dominical ma a San Isidro el General (abbreviato: Gral), un paese più nell 'entroterra.
<Chi era San Isidro?>
Era un agricoltore che coltivava <lechuga, tomates . . . San Isidro Labrador . . .> che scaccia l' acqua e fa tornare el sol; me lo spiega quasi barcollando ma con un' enfasi mistica a braccia distese. San Isidro, con la sola imposizione delle mani, invocava le forze della natura: faceva cessare la pioggia e tornare il sole. Il tipo poi se ne va tentando di scroccare qualcosa ad un barista.
Svegliatosi Davide partiamo uscendo momentaneamente dalla strada asfaltata principale, risaliamo con il nostro bravo 4X4 un sentiero sterrato e passato un fiumicello ci fumiamo una sigaretta di fronte ad una baita-ranch posta su di un punto panoramico.

fuori strada
vegetazione

Intanto esce un uomo dalla baita: un nord americano dall' aspetto bonario, ci stringe la mano e ci dice di essersi trasferito lì per sempre, con un paio di cavalli e un cane, ubicato fra foresta pluviale primaria (dove gli alti alberi impediscono la luce alla bassa vegetazione che così non cresce) e foresta pluviale secondaria (dove invece cresce la anche la bassa vegetazione). <E voi invece da dove venite ? Dove andate ?>
Siamo italiani e andiamo in Nicaragua. <Ah . . . how is Nic ?>. Beh, non ci siamo ancora arrivati.

La colonia italiana di San Vito

E' per pura curiosità che ci siamo diretti a San Vito, il punto più a sud del nostro itinerario automobilistico. Da Dominical sempre dritti verso sud e ad un certo punto la strada gira verso Neilly; da Neilly una strada a tornanti e a tratti dissestata (per non parlare della strettezza) vi porta verso una sorta di altopiano pieno di colline, cime verdi e rotondeggianti, un' aria più fresca, mi ha ricordato per certi versi alcuni paesaggi del Guatemala, paesaggi verdi e morbidi che sembrano fatti di marzapane.
 

E' qui che il Signor Vito a metà dello scorso secolo ha raccolto volenterosi pionieri italici provenienti da tutta la nostra penisola per fondare una colonia nell' america centrale. A lui è dedicato un monumento posto all' esterno dell' Istituto Dante Alighieri dove si mantiene l' insegnamento della lingua italiana.
Poco più in là il ristorante Liliana invece propone la nostra cucina, con i nostri prosciutti appesi e un omone dietro al bar che mi conferma che parcheggiare la macchina a San Vito con tutto il bagaglio in vista non è fonte di preoccupazione come lo deve essere in buona parte del Costa Rica. Ma non ci sono solo italiani e ticos, sulla piazza c' è anche qualche indigena in costumi bianchi tradizionali.
Non deve essere male fermarsi anche una notte a San Vito giusto per riposare all' aria fresca anche se qui come ovunque non mancano escursioni da fare durante il giorno. Abbiamo solo una settimana di macchina e vogliamo vedere il più possibile. Un acquazzone, un caffé corretto e ripartiamo verso Golfito. Sulla strada riusciamo a non investire una scimmia di color nero che attraversa all' improvviso ma più avanti ho avuto anche la sorte di vedere appollaiarsi sul ramo di un albero un tucano dal becco verde.

monumento al sig. Vito (Los pionieros à el pionier)

 

Golfito

Golfito, sul Gulfo Dulce è un posto da evitare se non dovete andare alla penisola di Osa. Questa invece è raccomandatissima, è l' ultimo lembo di terra sul Pacifico con la vegetazione veramente selvaggia, come era in prevalenza secoli or sono; qui stanno coccodrilli , giaguari, e una cifra di escursioni da fare. La Penisola merita minimo 3 giorni, non di meno, ed è raccomandata una guida che costa qualche centinaio di U$ ma talvolta è indispensabile (Si può accedere al Parco Nazionale anche dal Pacifico andando a Bahia Drake). C' è chi si avventura da solo ma non è consigliato ai meno esperti (c' è chi è morto di sete o attaccato da animali). Non abbiamo visto Osa ma se c' è un posto eccezionalissimo da vedere è questo (se dovessi avere solo dieci giorni per il Costa Rica e concentrarvici le finanze è questa la prima cosa per cui spendere tempo e danaro).

Golfito (vista da Hotel Golfito)

Ci siamo semplicemente fermati a Golfito, all' Hotel Golfito passando mezz' ore sulla terrazzina che dà sul molo conversando ora con un pensionato americano (era accompagnato da una interprete locale ma a mio avviso la presentava così solo per salvare le apparenze), ora con una ragazza italiana che il giorno dopo partiva per Osa (insieme ad un tipo tedesco incontrato per caso, dall' aspetto mite ma che secondo la mia classificazione lombrosiana aveva la faccia da serial killer). Con il buio mangiamo un ceviche nella via che sta in fronte all' Hotel dalla parte opposta; veramente poco raccomandata perché si può rischiare lo scippo ma non è poi così pericolosa quando si è in due. Ci sono un paio di pubs e nell' ultimo di questi abbiamo socializzato con dei marinai di Puntarenas parlando dei mondiali che stavano per arrivare e della loro speranza di vedere il Costa Rica se non campione del mondo almeno tra i primi classificati (aspetta & spera ! ah ah ah !) .
 

Delenda Cartago !

Ce ne andiamo di primo mattino e sarà un viaggiazzo, dobbiamo arrivare prima del buio a Cartago. Un vero e proprio viaggio nella biodiversità dei paesaggi: dall' asfissiante afa del porto di mare ai piedi del grande Chirripò (il monte più alto del Paese) percorrendo tutte le sfumature bioclimatiche tra montagna e clima tropicale; da San Isidro el General dove abbiamo pranzato (e Davide ha acquistato l' ultimo cd di Santana o-r-i-g-i-n-a-l-e ad uno sproposito !!! ossia a quasi 30 U$ !!! ) , alle nebbie dell' infinito zigzagare della strada che infine scende verso una liscia vallata. Un asfalto a tratti scivoloso e con dei cuori enormi gialli come segnaletica. Quando in Costa Rica c' è un grosso cuore dipinto sull' asfalto è il segno che qualcuno in quel punto ci ha lasciati. E' già tardi pomeriggio quando entriamo in Cartago.

Cartago, Cattedrale

La classica cittadina a cuadras, con gli edifici tutti livellati ad una certa altezza, ha rivestito il ruolo di capitale prima di San José. Ci sono i resti di quel primo insediamento nella piazza principale . Noi andiamo a risiedere con la vista sulla piazza della relativamente nuova cattedrale de Los Angeles costruita dopo il terremoto. Questa cattedrale al suo interno ha anche un piccolo altare in legno dove è rappresentato Dio in persona: un uomo più anziano di Gesù che invece dell' aureola rotonda ce l' ha triangolare (anche in Nicaragua si trovano esempi analoghi). Non è una città predisposta al turismo ma ci siamo sistemati in un posto più che decente. Abbiamo bazzicato tutta la serata per le vie del centro, ingollata qualche cerveza Pilsen (fino a quel momento avevo bevuto la Imperial) e finito per mangiare in una sorta di steak house dove Davide è stato preso da un raptus hooligano quando ha scoperto che il filete non era un filetto vero ma una bisteccazza qualsiasi . . .

Verso il vulcano

il ponte della paura
il vulcano arenal coperto dalle nubi

In poco tempo da Cartago si giunge a San José; per intuito, per sorte, o per che altro abbiamo preso una "scorciatoia" che passava per il centro della capitale; senza più i cartelli e nel traffico di una domenica mattina in zone centrali non ben precisate, con code e gente che suonava il clacson fra mercati e confusione; un flash di clacson e gente che sgattaiola tra le macchine, un pò da casbah, ma per pochi minuti perché non so come ma la nostra macchina girando a destra poi a sinistra e torna sulla strada più grande che vedi e vai, ci si è trovati in direzione giusta a buona velocità e pronti a deviare non appena l' indicazione La Fortuna - Arenal dice di svoltare a destra. Qui ancora un' altro viaggio nella biodiversità. Cartelli e cartelloni a bordo strada che indicano la presenza di parchi nazionali e privati. Molti di questi offrono il canopy tour: l' ebbrezza di volare sopra foreste pluviali primarie o secondarie imbragati e appesi a un filo d' acciaio (brivido che può costare anche attorno ai 100 U$). Brivido che si può provare anche gratuitamente attraversando un ponte dissestato come ci è toccato prima di arrivare a La Fortuna. Quando arriviamo c'' è una specie di festa con la banda di ottoni e delle maschere.
 

Colibrì da Gringo Pete'sParadiso & inferno a La Fortuna

Scarico la memorycard della mia macchina digitale e archivio tutto in un cd poi acquisto un cd musicale da un venditore ambulante. Una compilation per 2 dollari ? Sarà legale ? Boh ? Proprio in quel momento esce dalla porta che dava sugli scalini un gendarme e saluta il venditore: < Buenas ! >. Alzo lo sguardo e mi accorgo che quella è una caserma.
Costruita ai piedi del vulcano Arenal, La Fortuna è un posto turistico, non solo per le escursioni al vulcano quantanche per la presenza delle terme, la più celebre delle quali è il Tabacòn. Molti si accontentano della vista sul vulcano Arenal perché quando non è nuvoloso e si è fortunati la notte si vede la colata lavica. Avendo una sola notte ed essendo nuvoloso ci siamo fiondati al Tabacòn dopo cena. Sempre frequentatissimo è un sistema di vasche termali e tutto il contorno che può farne un posto di consumo. C' è anche il biglietto solo serale che va dalle sette e mezza alle undici (se ben ricordo) ed è tempo più che sufficiente per annoiarsi stando nelle pozze calde e nelle piscine con i bar e i tavoli nell' acqua, le cascate e le sdraio, il buffet e una cifra di gente che gira, che si chiama, che fa le code nei cessi per pisciare . . . insomma bello, ma troppa gente per i miei gusti . . . . Una serata così comunque dalle nostre parti costerebbe molto più del biglietto serale da 35 U$.
Ci aspetta una notte infernale. Abbiamo scelto uno dei peggio posti a La Fortuna. Al di là della simpatia del proprietario e delle tipe che ci lavorano, al di là dell' ambiente giovanile e degli allegri murales dai tratti innocenti che ritraggono scene di escursioni in una atmosfera bucolica completa di ragazzi a zaino in spalla, la guesthouse Gringo Pete's può rivelarsi un carcere punitivo (le "baracche" sono microcelle costruite all' interno di un grande stanzone). Alle quattro del mattino ho cominciato a svegliarmi e continuare ad uscire ogni ora per prendere una "boccata d' aria" perché anche una sigaretta mi apriva più i polmoni che mezz' ora in quell' antro malsano. Alle sette siamo schizzati via verso il Guanacaste, la provincia più tica del Costa Rica, quella che rappresenta maggiormente lo spirito del cowboy locale, del "duro", ossia del sabanero (ma dove per fortuna la corrida si fa senza ammazzare il toro).
Paesaggio diverso, a tratti più brullo, molto meno colorato, più arso dal sole, e strade sempre meno confortevoli mano a mano che si penetra la penisola di Nicoya.

Playa Tamarindo e Penisola di Nicoya

Guanacaste
Playa Tamarindo

Non volevo includere Tamarindo nell' itinerario, sapevo che sarebbe stata una delusione per me rivedere un posto che già undici anni fa era già avviato al turismo, ma non era ancora così sviluppato da potere disgustarmi. Là dove c' erano bungalow oggi ci sono palazzine a due, tre, quattro piani. Tutta un' altra cosa, forse più comodo di una volta ma ormai sputtanato. La spiaggia sempre bella per fortuna e il tramonto qualcosa che nessun commercio umano può rovinare, ma passeggiando non ho più visto le numerose scimmie libere che stavano sugli alberi quando andai la prima volta.
Appena arrivati abbiamo così fame che ci fermiamo nel primo posto che capita sulla piazzetta principale: fa solo hamburger, di ogni tipo sì, ma solo quelli. Tamarindo è irrimediabilmente un posto fatto su misura di nordamericano medio. Molti surfisti sono ragazzi che vengono con un pacchetto di viaggio in gruppo, se ne sbattono totalmente di quello che è il Costa Rica; vanno a Tamarindo ingrassando quel posto insieme a ricchi pensionati e investitori stranieri: c' è anche B. King. Basta comunque spostarsi di qualche chilometro e siete sempre in Costa Rica , sul versante pacifico della penisola di Nicoya ed è tutto un fantastico posto.

fantastico tramonto a Tamarindo
Playa

La penisola di Nicoya abbonda di fantastiche spiagge, noi ci dirigeremo il giorno successivo verso la punta meridionale della Penisola facendo però una sosta a Playa Tambor per la pausa pranzo. Anche qui però una nota di demerito per la svendita che si è fatta di interi pezzi di costa a compagnie ed investitori stranieri. Se ne lamenta un pescatore tico con cui parliamo che non può più passare in certe aree della spiaggia perché lo cacciano. Vediamo infatti ogni tanto un piccolo biplano atterrare nei pressi di un grande resort che domina lungo l' arco di sabbia. L' avidità fa poi sì che anche il ristorante in cui abbiamo mangiato ci freghi facendo dei suoi prezzi tutti particolari. Comunque proseguiamo lietamente il viaggio verso Montezuma ammirando dal finestrino paesaggi dall' aspetto jurassico, panorami poco simili a quello brullo della parte più settentrionale della penisola. La gente ci saluta con il mignolo e il pollice distesi: <Pura Vida !>
 

MontezumaDa Montezuma a Puntarenas

Chiamata anche allegramente Montefuma è il luogo più da fumatori di canne che c' è sul Pacifico. Arrivati a metà pomeriggio abbiamo fatto una passeggiata alle vicine cascate. La spiaggia non è male alla vista ma l' acqua non è delle migliori. E' un piccolo pueblo orientato ad un turismo alla mano e poco sofisticato. C' è anche la possibilità di fare escursioni in mare. Abbiamo cenato bene e una volta che Davide se ne è andato a dormire io ho continuato a bere ad oltranza per poi ammirare un cielo stellatissimo.
E' il giorno successivo comunque che si è rivelato il percorso più interessante dal nostro punto di vista automobilistico. Fatta colazione, cartina alla mano, abbiamo attraversato il cuore della penisola di Nicoya con il 4X4. Avrei anche preso le strade più comode ma grazie all' intraprendenza del navigatore Davide le strade percorse ci hanno regalato la vista di paesaggi meravigliosi.

interno penisola Nicoya
interno penisola Nicoya

Abbiamo dovuto attraversare 3 corsi d' acqua. Ero scoraggiato al primo ma al terzo che infine era quello più rischioso avevo ormai capito con quale determinazione dovevo rischiare di bagnare il motore. E' stato veramente un bel tratto, ci ha attraversato la strada anche una scimmia urlatrice e un' altro non ben identificato quadrupede. Era una giornata stupenda tra l' altro. Avremo passato almeno tre ore di seconda-terza tra campi, praterie, animali, scenari jurassici e sabaneros col machete a cavallo. Appena sulla strada asfaltata ci siamo ricordati di avere fame e di poter pranzare ad un ristorante cinese che avevamo avvistato sulla carretera mentre andavamo a Montezuma ma non ci eravamo fermati. E' un signore di Hong Kong, risiede da una vita in Costa Rica, doveva tornare in patria ma rivista la Hong Kong dei colletti bianchi pochi anni fa ha preferito non vederla mai più e continuare a lavorare libero di indossare una camicia bucata col suo ristorante casalingo e una moglie tica di una ventina d' anni meno di lui, con un figlio avuto da lei e un' altro più grande tutto cinese ma che parla solo castellano. Non ho mai mangiato un pollo così grande in vita mia (forse era un tacchino . . . o chissà cosa !??); buonissimo comunque per la salsa che ha preparato al volo e le patatine fritte fatte al momento. Ci saluta <Pula vida !> e noi via: verso Puntarenas, un posto che mi ricordavo più vivo in quel lontano aprile 1995. E' una località di mare come può essere Alassio qui in Italia.

interno penisola Nicoya
interno penisola Nicoya

penisola Nicoya vista da Puntarenas

La spiaggia non merita, rimane un porto di mare e località di turismo locale ormai decaduta. Ci siamo fermati una notte in un grottesco hotel e il giorno dopo a Jaco per la riconsegna del mezzo.
 

Di nuovo senza macchina a Jaco

Abbiamo consegnato la macchina il mattino e poi siamo tornati al De Haan per una sola notte. Addio alle fantastiche avventure di guida, addio al nostro quotidiano otto ore al volante, addio ai cd di Rossini, Santana e compilation di Regeton che d' ora in poi saranno solo inutili soprammobili (anche se del genere Regeton ci si può nauseare in 40 giorni in America latina). In Costa Rica non è da tutti fare 1500 km in così pochi giorni (è inconcepibile per molti con cui ho parlato il non fermarsi più di una notte nei posti). Il noleggiatore mi rimprovera di non avergli portato un qualche biglietto da visita su San Vito come promesso e gli ho risposto con la menzogna che non ce n' erano (cosa pretendeva dopo averci dato la jeep rossa con le ruote lisce mentre eravamo d' accordo su quella verde con le gomme nuove ?). Quel pomeriggio abbiamo conosciuto un romano che ormai vive a San José ma si spara tutti i week end a Jaco. Romano de' Roma nella parlata, ogni tanto intramezza parole in spagnolo, ha così sostituito "an vedi" con "mira oh" e io presto sono diventato "a Ciccio !" . . . . . Ci racconta della sua vita a San José, del fatto che all' inizio spendeva un cifrone ma ora sta imparando a tenere conto dell' importanza anche dei pezzi da 100 colones ed è così che assistiamo al suo trasferimento di camera dal Bohio alla più economica ospitalità di Rob, un tico che vive in una baracca.

jaco beach
jaco


Faremo sera con il ragazzo di Roma finché si perde dietro ad un' avvenente locale. Anch' io starò in giro sino all' alba quella notte, al De Haan c' era solo il letto matrimoniale e non mi andava di dormire con Davide che russava . . . ho chiuso in tristezza al night sopra il Pancho Villa. Una dominicana che sembrava al banco per adescare mi ha parlato tutto il tempo del suo fidanzato svizzero e di quanto questi gli ha raccontato sul Dalai Lama e cose del genere. Prima di rincasare ho indugiato in spiaggia mentre albeggiava; sul marciapiede al rientro due ticos fumano in una pipa di vetro la prima pedra del mattino (ossia il crack), mi faccio aprire il cancello dal guardiano e attendo a bordo piscina che il sole si renda insopportabile per rientrare in stanza. Già rivitalizzato dal sonno Davide è pronto per partire. Ma sì andiamo ! Dormirò sul bus (???).
 

SanSan José

San José era un vago ricordo di serate in trasferta dal quartiere Escazu al Pueblo. Il Pueblo è il centro di vita serale. Una cosa un pò forzata, come per dire: "divertitevi qui!" Già era allora un pò così, era un posto di balere, ma oggi è ancora più forzata la cosa, mi ha ricordato tristemente alcune viette delle isole greche con microbar dai cocktails vomitevoli o troppo acquosi e sicuramente improvvisati, musiche che si sovrappongono per l' alto volume . . . uno squallore ! Ci vengono in ciabatte gli stranieri e le giovani straniere, bionde ubriache e mal vestite, le locali in aspetto più curato e troiesco sfumano però il loro esotismo in un triviale conformismo di stile: zeppe, pantalone a zampa, piercing all' ombelico e trucco pesante. Erano altri tempi 10 anni fa, andavamo all' Infinito che era una balera dove al banco stavano personaggi variopinti, camerieri intrallazzoni ed educati "degustatori di bevande spiritose"; oggi invece è una discoteca con un altro nome, forse meglio per la musica ma è un' atmosfera tutta cafona. Per mia regola quando cominciano ad esserci i buttafuori palestrati a fare bella mostra di auricolari tutti i posti del mondo sono da boicottare non tanto per loro che ci lavorano poverini, quanto perché la loro presenza è generalmente il sintomo di un ambiente di arrogante ignoranza.

San Jose
San

Così siamo andati una sola sera in quel cacchio di posto sfilando poi in taxi per il mercato ortofrutticolo mentre ormai albeggiava.
Le poche cose che S. José offre a livello museale le abbiamo viste di giorno. La cura che questo paese ha delle proprie risorse turistiche è testimoniato dalla grande accuratezza nel gestire la penuria di materiale archeologico e storico che si ritrova: pochi monili, manufatti, attrezzi arcaici e qualche scultura di civiltà non grandi a livello di gigantismo quanto maya, aztechi o incas; come per la nostra arte barbara si tratta più che altro di simil-fibbie e lavori di oreficeria mentre a livello scultoreo ci sono arcane palle di pietra ritrovate in piena giungla (e rari siti archeologici veramente modesti). Non mancano poi i cimeli della tribolata storia nazionale a testimoniare il passaggio dall' essere una "repubblica delle banane" con i suoi orrori fino allo status moderno di "Svizzera del centro america". Ai tempi della prima colonizzazione spagnola non ci si è curati troppo del Costa Rica, era un' area che non offriva l' oro del Perù o del Messico quindi non interessava. Grazie a questo è rimasto uno stato- parco naturalistico (mantenuto così anche grazie al recente sforzo pedagogico che il paese ha fatto investendo nell' istruzione). Economicamente la nazione interessò per l' esportazione di prodotti come banane, ananas, caffé e via dicendo. E' cresciuto così un paese nel paese, nella impenetrabile zona di Limon fino a metà '900 la produzione di banane ha fatto uso di manodopera jamaicana. L' apartheid è resistita sino all' alba degli anni 60. I neri che parlano un inglese creolo si stanno però rivelando oggi una sana iniezione di vitalità in tutto il Costa Rica (con il Reggae, non un semplice riproporre cose già sentite ma un reggae nuovo nato nell' area di Limon). Purtroppo , come da altre parti nell' America Latina, gli indigenos amerindi veri e propri sono invece rimasti in pochi.

San Jose

E' comunque molto variegato il popolo tico, un porto di mare dove la gente ha tratti di ogni tipo, dal meticcio al nero, dal caucasico al mulatto. Questo cinema di fauna umana lo si può vedere dal ristorante Boca de toros dove ci sono questa sorta di loggioni che danno sul' isola pedonale (ma dalla strada non si notano in quanto incalottati da tende a cupola).
Abbiamo fatto almeno tre notti a S. José prima di andare in Nicaragua. Di sera abbiamo girato dappertutto, anche nella zona Hotel Rey. Una sera siamo andati al Key Largo, un locale con ristorante, musica dal vivo e bars ricavato in una casa in stile liberty. Posto signorile per gentlemen di vario aspetto e forma: dal tipo sbragato in camicia hawaiana al silenzioso ubriaco distinto in coloniale, tutti con la loro solitudine e l' unico conforto nella propria posizione più che agiata, qualche ballerino per disperazione e l' aroma dei rari cohiba sotto i ventilatori, un posto in cui noi eravamo come dei cani in chiesa. Non sono pochi i locali serali (e diurni) con tutti gli uomini stranieri più che quarantenni e altrettante latinas e morenas sui vent' anni o poco più . E' la zona dei gringos. Le ragazze a noi non rivolgono più la parola non appena rispondiamo che siamo alloggiati nei pressi dell' autostazione Cocacola. La più educata ci dice: <vado in bagno e torno> per non tornare mai più. Non rimarrebbe che farsi fregare i soldi alle slot machines e ai videopoker dei numerosi casinò della zona ma non conviene . . . C' era anche chi mi aveva raccomandato di evitare San José ma è stata una bella sosta, non è una metropoli esagerata ma un' affascinante città, una tranquilla capitale. Le cose che mi fanno apprezzare una città si innescano dopo alcuni giorni e sono i mercati, il panettiere di fiducia (questo lo dice anche la Lonely Planet) . . . gli angoli che man mano si conoscono, le cose, e talvolta le persone che si scoprono solo col tempo . . . ma è già ora di mettere zaini in spalla.
 

Lago NicaraguaDa San José al Nicaragua

Arriviamo camminando alle cinquemmezza del mattino alla stazione Deldus Bus con destinazione Penas Blancas poi da lì si passa la frontiera a piedi, i controlli, la propina per fare più in fretta, cambiati i soldi alla banca , si esce da una porta stretta aldilà di un muro; il propinato (2 - 3 U$) ci mette su un taxi e via verso S. Jorge : il pueblo dove c' è il molo del ferry per l' isola di Ometepe. Sono quasi emozionato per il fatto di aver dato soddisfazione ad una curiosità che covavo da anni: recarmi su quella striscia di terra che sta fra il più grande lago del Centro America e il Pacifico. Colline pianeggianti a sinistra e quel lago che sembra un mare a destra. Tutto un altro mondo. C' è chi gira trasportato da carretti con le gomme trainati da un cavallo. Si sfiora Rivas e presto si è al molo. In una mezz' ora si è già arrivati a Moyogalpa. Guardo sulla guida quale è il posto più vicino in cui alloggiare. Esiste ancora ma è chiuso per sempre chissà da quanto (c' erano ancora le Lire in italia quando è uscita la guida di Scòzzari). Pazienza ce ne è uno poco più in là.

Ometepe

Quante cose interessanti a Ometepe, specie a chi interessa la Finca Magdalena (azienda ecologica ed ecosostenibile) o camminare ore con guida per vedere uno dei due vulcani; per tutte queste cose può meritare qualche giorno in più. E noi ? Al massimo due notti per girare nell' unico giorno pieno tutta l' isola in moto. Bella mossa. Una moto in due per andare a guardarsi un pò in giro. Il tipo del noleggio è lo stesso che ci aveva accolti il giorno prima per offrirsi da guida. Sull' isola ci sono anche testimonianze storiche che sono in parte raccolte ad Altagracia e nella zona della Finca Magdalena i famosi petroglifos: pietre incise con arcani disegni. Il noleggiatore ci segna sulla cartina dei posti da vedere : Punta Cristo, Charco Verde, Altagracia , Playa Santo Domingo . . . <San Marcos ma solo se vi avanza tempo>. San Marcos invece è il posto che mi è piaciuto di più. Così lontano da tutto ma sempre sotto la cima di un vulcano, solo qualche casa e le reti da pesca a stendere, un molo ormai allo sfacelo, piramidi di sassi dove le donne lavano e il grande lago in cui mi butto vestito nonostante non sia una cosa piacevole; mi tuffo perché delle formiche sono salite dal piede a sotto i pantaloni, troppe per riuscirmene a liberare a secco.

Altagracia
Vista vulcano da San Marcos

La sera conosciamo Bill, dalla Florida, al contrario di molti gringos è un tipo che non viaggia in questi posti per fare la vacanza "sportiva" o di pseudo-avventura quanto per la gente. Viaggia da solo e si sforza di comunicare in spagnolo con un frasario che tiene sempre in tasca e nell' altra tasca la macchina fotografica, pronta ad immortalare i personaggi incontrati. Ceniamo alla pizzeria Chido's con lui, dopodiché passeggiamo tutti e tre per le vie di Moyogalpa; sono così deserte che un vecchietto fuori dalla porta dice ad altri: <donde la verga se van estos ?> (ossia: dove casso vanno questi ?).
Bill è già stato a San Juan del Sur per ben una settimana, ospite di un tipo in roulotte dove bevicchiavano birrette dalla mattina alla sera. Ci racconta della sua vita, di un recente incidente e del fatto che suo padre allarmato per la perdita dei contatti con lui ha persino chiamato le autorità del paese per cercare di rintracciarlo.

Granada

L' Hotel El Italiano, segnalato dalla guida, è un bel posto. Ci raggiunge lì anche Bill che si complimenta per la nostra scelta. Si chiuderà in camera sua tutto il giorno rilassandosi e chilling out (cazzeggiando).
Città coloniale , preda di filibustieri in passato, grande centro di importanza culturale. Veramente belle le strade, bella l' estetica coloniale del centro, a differenza del Costa Rica in Nicaragua sono più frequenti le testimonianze storiche negli edifici. E' sempre stato un ghiotto boccone strategico il Rio San Juan che porta direttamente il lago Nicaragua all' Atlantico, ragion per cui invece che a Panama si pensò di attuare qui il taglio che congiungesse i due oceani. Il Rio San Juan, che si può percorrere anche oggi, è attualmente oggetto di "guerra fredda" tra Costa Rica e Nicaragua per la territorialità delle sue acque .

Granada centro
Calle Calzada

Per quanto turistica Granada è una cittadina vivibile, colorata, agevole e per molti aspetti agiata. La sera o il pomeriggio che si è in vena di spendere è raccomandato il Sawan a patto che vi piaccia la carne. Il ristorante, non proprio in centro ma lì vicino è forse il migliore in cui abbiamo mangiato in quaranta giorni di assenza dall' Italia. Non mancano anche ristoranti esotici oltre l' italiano. Sulla stessa via dell' Hotel Italiano c' è infatti il Monnalisa. L' allegra coppia che lo gestisce è italiana così come le pizze sono le più decenti tra quelle mangiate, il sincero vino alla spina . . . forse ci sta anche una seconda pizza in due, un caffé e una sambuca a parte. Non è il mio obbiettivo cercare casa mia in capo al mondo ma sul mangiare ogni tanto . . . se capita . . . ci vuole. Parliamo con Giovanni portandogli i saluti dello statunitense a cui aveva lasciato a Jaco la meglio-pizzeria di Jaco. Giovanni e la moglie hanno preferito il Nicaragua, il boom di Jaco ha fruttato loro la possibilità di vendere per trasferirsi al meglio a Granada dove ormai sono di casa e persino i genitori anziani venuti dall' Italia si divertono andando in giro a parlare in dialetto veneto coi locali.

Ci siamo persi una volta io e Davide. Camminando per il "percorso turistico" in zona lungolago siamo finiti in una baraccopoli: una zona veramente povera con rigagnoli di detersivo e case in lamiera. Tutti ci hanno dato una mano a ritrovare la strada tanto che tre ragazzi ci hanno accompagnato personalmente sulla via che conduceva al centro. Si vedono molti stranieri qui in giro perché non può non piacere questa città. Ci ripromettiamo di tornare se avanza tempo viste le distanze accettabili che ci sono nel paese, ma non lo faremo.
 

Al vulcano MasayaMasaya

Per andare al vulcano Masaya dalla stazione dei minibus di Granada vi diranno di fermarvi al negozio di hamacas di Masaya. Davide ne acquista una poi prendiamo il primo taxi perché ci porti alla bocca del vulcano . L' autista è con una donna più anziana, sua madre; lei dovrebbe andare al mercato ma poi decide di venire con noi. <E' da quando mi sono sposato che non vengo più quassù>; sì l' autista era venuto qui il giorno delle nozze per le foto di rito.

Due ragazze sono addette come guide del cratere. Si possono raggiungere certi punti solo se guidati da loro. Una arriva a spiegarci delle cose mentre ci respiriamo quell' aere infernale. Mi fa un pò pena quella ragazza: ogni tanto tossicchia e poi tira su un pò di aria pura da una maschera antigas.

cratere
Laguna Masaya

C' è un museo vicino all' entrata del vulcano, datovi un occhio ce ne andiamo verso il mercato dell' artisanìa (troppo turistico). La madre del taxista intanto ci dice che <los nicas son de matamama>, ossia degli "assassini di madre", si dice così a coloro che acquistano prodotti stranieri, o visitano paesi stranieri quando invece è tutto già lì a casa loro, un posto tenuto non bene come il Costa Rica ma che <ha cose ancora più belle>. (Non lo dica a noi, io non ho mai visto un vulcano in Italia, mai tornato dopo l' infanzia nel nostro fantastico sud, mai viste cose per cui vengono i giapponesi fino da noi . . . ). Da non perdere è la spettacolare laguna di Masaya.

ManaguaManagua


Inizia il campionato e noi siamo a Managua. Non nutrivo una grande aspettativa dalla nostra nazionale soprattutto in vista di un eventuale incontro col Brasile ma <todo puede pasar>. I nicas tifavano Germania, anche se era lontano il titanico scontro della semi-finale. Tifano Germania per tradizione. Sono stati i tedeschi gli unici a portare cose positive in Nicaragua: una sorta di colonizzazione che era anche ben vista dai locali.
Nell' era antecedente l' avvento delle multinazionali e del nazionalsocialismo i tedeschi hanno lasciato una buona impressione. Altri signori invece no, e lascio ad ognuno la libertà di pensare quello che vuole, ma basti fare una ricerca su tutti gli orrori subiti da questi popoli centramericani per capire che da qualsiasi parte stiamo politicamente è cosa oggettiva ammettere che c' è chi ha considerato questi posti un buco del culo del mondo dove poter fare le peggio porcherie in nome della democrazia o dell' ordine mondiale. Rimane ancora oggi la crudezza di questa storia dietro i sorrisi e le apparenze. Oltre alle guerre passate, la sofferenza di tutti i giorni è più messa in conto che altrove. Senza azzardare paragoni assurdi se non riguardo a questa convivenza vita/morte o gioia/dolore, mi è parso che il Nicaragua sia la Cambogia del mesoamerica. Un recente passato tragico e la voglia di vivere che ne scaturisce. Bambini ovunque nonostante l' indigenza, lo spauracchio dell' ais e le campagne informative di contraccezione; è un paradosso dell' umanità forse quello che si mettano al mondo più creature là dove c' è addirittura la fame e si arretri nella riproduzione dove invece ci vuole la playstation, il corso di inglese, l' asilo privato e la macchina per andare a prendere i figli a scuola. Una signora probabilmente malata una volta mi ha indicato i suoi due figli di cui uno avuto da un marito defunto e l' altro come "regalo de Dios!". Sono le mamme, le donne di qui come di mille altri posti al mondo quelle che si danno da fare. Quant' è vero che c' è chi ha eretto alla Madre statue un pò in tutto il paese.

Managua, Sandino
Managua

I nicas comunque danno sempre corda agli stranieri. Una volta una guardia giurata non mi mollava più. Quanta gente iniziando a parlare non la smette più. Tutti poi che vogliono il tuo numero di cellulare. Non ha senso, anzi offende la risposta: <il mio cellulare non prende qui>. Quanti ubriachi anche. Il Nicaragua non è certo un posto dove ci si deve vergognare se non si ricorda quello che è successo ieri perché si è bevuto troppo.

Leon

- Una hora y media, dos - Il minibus è il mezzo più confortevole. Che dormita ! Leon ha molto in comune con Granada ma è meno pulita. La piazza centrale è imponente , tutta la città a cuadras ma piena di piazzette, piena di chiese, chiesette autentiche e tanti murales a sfondo socio-politico. E' una città studentesca, piena di centri per fotocopie, studenti ma anche mercati, mercatini, negozietti, angoli pittoreschi. Sul minibus del ritorno un nica dall' aspetto benestante ci parla dell' Italia e di quanto è bella l' Europa. Ci domanda perché non siamo andati in Germania a vedere il futbòl, non ci crede che preferiamo vederlo in tele a Managua e così insinua che siamo due poveretti venuti fin lì perché non potevamo permetterci il lusso dei mondiali allo stadio . . . . <sì siamo due poveretti>, mi calo il berretto e dormo per non sentire più le sue stronzate. Per sera siamo a Managua.

Leon
Leon

ManaguaIl quartiere

"Casa Obreros, dos cuadras al sur y media arriba". Questo è il modo per dare un indirizzo in una metropoli dove le vie non hanno nomi ma vengono contate a partire da punti di riferimento noti e poi dando delle coordinate cardinali (il lago è considerato il norte quindi fate i vostri conti o imparate a memoria la formula magica).

Se c' è un luogo da visitare per ammirare Managua nel suo splendore è il Parque Historico. Da lì si nota quanto è verde Managua. Non ho scattato le foto in una giornata col sole. C' ero arrivato a piedi dal nostro quartiere: il Martha Quezada. Immediatamente sotto la cima c' è anche una laguna ma non è un posto in cui immergersi.

Managua

Passare dieci giorni così è stato troppo bello. Adagiarsi e fare i lazzaroni dalla mattina alla sera. . . pomeriggi a oziare e dire <che bella vita si fa qui>. Molta gente eviterebbe un posto come questo. Il Santos assomiglia a una casa occupata , ci sono pitture su tutti i muri, oltre ai backpackers ci sono anche alcuni personaggi pittoreschi , felliniani . . . . La via non è delle più belle ma è bella così. Inoltre con quello che costano i taxi, li usiamo sempre. Istauriamo come abitudine il mangiare negli stessi posti. A mezzogiorno da Ramon e la sera da Sara.

Nel giro di una settimana conosciamo quelli che qui restano almeno quanto noi e vediamo molta gente scappare via subito. Ogni tanto si aggrega a noi un tedesco che arriva dal Guatemala ed è passato per El Salvador ed Honduras. <Welcome to Managua> , appena arrivato ha subìto un assalto con pistola da parte di tre giovinastri che gli hanno portato via quei quattro soldi con cui girava per il quartiere nonché la chiave del suo cuarto (perché attaccata ad un cordòba come portachiavi). Anche un francese che pareva essere appena uscito dalla Legione straniera, con molto umorismo, ci ha detto che al mercato si è trovato puntati addosso tre coltelli, tre mani che gli hanno tastato addosso e preso quello che hanno sentito: passaporto e soldi. Che personaggio quello, era un francese delle ex colonie che ha vissuto solo nelle isole dell' oceano indiano per poi sposare una malgascia e vivere in Madagascar. Gli chiedo di Tanà (Antananarivo), la capitale del Madagascar e mi dice che non è mai così pericoloso come a Managua. Non occorre andare al Mercado oriental, basta passare per l' angolo sbagliato, in rari casi prendere il taxista sbagliato . . . Non bisogna però esagerare. Ci sono città ben più pericolose nel sud e nel nord America rispetto a Managua . Il taxi si può prendere anche davanti all' Hotel e se non vi fidate neanche di quello fatevelo chiamare. Non ci è mai capitato nulla di spiacevole. Ci è capitato di uscire anche a mezzanotte e dover fare un pezzo di strada a piedi per fermare i taxi su una strada più trafficata. Ovviamente non bisogna portarsi appresso le cose più importanti ; bastano pochi spiccioli per il taxi e/o un paio di birre, e nel caso siate minacciati per quel poco basta semplicemente mollare tutto.

Mi ricorderò sempre un ragazzo di quella strada, con un' occhio di vetro che contribuiva in qualche perverso modo a far sembrare la sua espressione normale come un perenne sorriso. Lo chiamavo Luciano perché mi ricordava fisionionicamente un Luciano che conosco ma che sta su tutt' altra strada. Luciano ci scroccava sempre le sigarette e datagliene una ne voleva un' altra. Poi chiedeva soldi. Il ragazzino del ristorante lo cacciava via anche a spintoni. Un ragazzino già adulto nei modi di fare che ci ha raccomandati di non dare corda a Luciano perché è tutto gentile di giorno ma di notte te asalta; è uno che si fa duro: fuma pedras. Così tutte le volte che uscivamo sul tardi ci ricordavamo dell' angolo di Luciano. Ce lo aspettavamo sbucare fuori con una bottiglia rotta o un coltello ma spesso a quell' ora era già cotto, seduto sul marciapiede davanti ad un centro vendita di elettrovalvole, col suo occhio di vetro e l' altro vitreo e fisso, senza neanche la voce per chiamarci e scroccare una sigaretta. Una volta ha provato a fare la "furbata" di mandarci una tipa messa come lui per adescarci mentre mangiavamo da Sara ma venne cacciata immediatamente dai gestori. Questi e tanti altri personaggi bazzicavano per la via. La sera arrivavano anche dei bambini che sapevano fare miracoli con delle foglie lunghe e secche. Una sera uno di questi mi ha messo senza che me ne accorgessi una cicala fatta a mano vicino al piatto ed era fatta così bene che mi è sembrata vera. Quanta gente abbiamo conosciuto in quella strada, anche una donna incinta che lavorava al ministero dei trasporti e si è offerta di accompagnarci in macchina alla fantastica Laguna de Apoyo. Il mio resoconto su Managua potrebbe essere un ampio capitolo in cui descrivo mille figure, inaspettati incontri (come una sera alla discoteca Matrix, deserta, quando tre militari mi hanno bloccato invitandomi a bere con loro. Il capo di questi sull' alticcio andante ha cominciato a parlarmi della Repubblica di Platone e via via discorrendo mi ha fatto un sunto della Storia della Filosofia del pensiero occidentale da Talete a F. Nietzsche). E i taxisti ? che personaggi ! Mi dispiace assai di non aver chiesto il numero a molti di loro. Non abbiamo mai incontrato un taxista stronzo eccetto una volta. Ha voluto uno sproposito quel figlio di puttana e non volevamo litigare con lui così gli abbiamo dato e detto <vaffanculo!>. Tutti gli altri invece abbastanza onesti. Un buon 50% addirittura simpatici e di questi una buona parte dotati di un senso dell' umorismo esilarante . . .

Managua

Non mi voglio soffermare oltre su Managua. Ci è piaciuta un casino. Dovevamo starci due-tre notti al massimo invece sono volati ben dieci giorni. Se la vorreste evitare ma vi tocca fare una notte e non volete prendere contatto con la vita del posto potete alloggiare nella zona rosa. E' un peccato evitare Managua per sentito dire. E' un' ottima base per raggiungere in poche ore di bus tutte le località più storiche del paese. "Perdendo" dieci giorni a Managua e sette a San Juan del sur non ci siamo inoltrati nel selvaggio nord nè sul versante caraibico dove sta una famosa destinazione: le Corn Islands. Pazienza, ne è valsa la pena.
 

San JuanSan Juan del sur

- Sette giorni possono anche volare fra spiaggia, mangiate di pesce e l' immancabile coppa del mondo in cui la nostra nazionale finalmente passa il turno. San Juan del sur è la promessa per gli investimenti stranieri, è una località balneare su cui scommettono anche due genovesi che abbiamo conosciuto sul posto mentre posavano le prime mattonelle di un muro interno della pizzeria che stanno per avviare. La sera è un posto abbastanza morto ma con tante sale biliardo.

San Juan
San Juan

Rivas

Rivas è un posto di "altri tempi". Volevamo vedere qualcosa nei dintorni di San Juan ma non ci andava di andare ad un' altra spiaggia nei dintorni come molti raccomandano. Abbiamo preso così il minibus alla fermata dove un ragazzino gridava "rivasrivasrivasrivasrivasrivasrivasrivas . . . .", minibus che si ferma per far salire chiunque per strada, anche se i Taxi veri e propri spesso fanno altrettanto. Rivas, ex avamposto della contra, si presenta come la classica cittadella a cuadras poco visitata dagli stranieri. Diffusissimi sono i calesse con le ruote di gomma e al mercato vicino alla fermata autobus ho riconosciuto un tipo: il venditore d' aglio la cui foto è anche nella guida di Scòzzari ! Abbiamo pranzato al Parque Central da Pizza Hot che sta nelle vicinanze di un murales molto politicizzato. Passa anche un taxista che tutte le mattine è presto a San Juan, ci riconosce e strombazza. Non c' è nulla da vedere in questo posto ma ci si rende conto più che altrove di come la gente viva in Nica. Torniamo alla nostra spiaggia con un bus grande, il tipo che gridava "SanjuanSanjuanSanjuanSanjuanSanjuanSanjuan . . . . " ci fa salire in largo anticipo prima della partenza. Incominciano allora ad arrivare bambinette a cercare di venderci patatine, caramelle, liquidi colorati insacchettati nella plastica, tacos, cose fritte , calzini, tanga e cazzate varie. Arriva anche una signora e tutte rimangono lì anche se non vogliamo nulla, ci fanno mille domande poi finalmente si parte.

San Juan
San Juan

La festa patronale

Noi abbiamo tirato una settimana a San Juan anche perché valeva la pena vedere qualcosa di folkloristico. Gli Stati Uniti umiliati e fuori dalla worldcup, il week end attira anche i nicas in trasferta finesettimanale e per la festa tambien. Quanto ron, anche la mattina, in famiglia ! Famiglie chiassose e numerose, gli adulti rigorosamente alticci, la fiesta si fa anche di giorno; ballano anche alla luce del sole mentre lo show del folklore comincia ad incalzare verso sera. La scintillante banda suona pezzi che sanno di ubriachezza, arriva il Santo, due statue, la banda esplode, petardi ovunque, fanno ballare le statue a suon di musica, un gran casino che si placa solo quando inizia la pallosa messinscena con palco e microfono: il sindaco che parla esaltato del progresso (dopo aver permesso la svendita di tutta una collina e molte proprietà dell' alcadìa) e del legame con la tradizione che porta questa festa. C' è anche l' elezione di miss San Juan 2006, l' orchestra, l' albero della cuccagna e un pover' uomo portato via malamente dai gendarmi perché "beveva" in quella piazza dove era vietato. Finita la messa in scena incominciano i botti e tutti sono in giro . . . siamo in giro . . . ad attentare ai nostri fegati con dell' ottimo Flor de cana.

San Juan
San Juan

La festa comunque non è finita, il giorno dopo continuano le sfilate con banda e maschere. E' proprio ora di andarcene per noi, finita la festa passiamo l' ultima tranquilla notte alla casa 28 e ci facciamo portare direttamente alla frontiera dal taxista. Cambio in colones gli ultimi cordobas avanzati ed è così presto che non dobbiamo fare alcuna coda. NOTARE BENE che passando a piedi non occorre poi mettersi nella lunga fila della gente che prende i bus diretti Managua-San José , quindi per passare tra Costa Rica e Nicaragua conviene sempre prendere un bus per il confine e da lì un altro per la destinazione desiderata.

Di nuovo in Costa Rica

Siamo ancora in Costa Rica che è sempre un bel posto ma siamo più che mai sulla via del ritorno con una settimana scarsa a disposizione.
Ormai ci conosce il tipo del Nuevo Alameda e sghignazza quando ci vede per la terza volta. Ci dà una stanza all' eschina e facciamo una serata a San José molto tranquilla. Decido di bere qualcosa al baretto che butta sempre un gran chiasso da sotto: un locale sgangherato gestito da una coppia cinese. Qualche ubriaco fa attardare la chiusura ma finché qualcuno consuma non chiude, piuttosto abbassa la saracinesca. Sono fra gli ultimi. In mattinata, dopo il goal di Totti schizziamo al Terminal Caribe, l' autostazione da cui partono i mezzi diretti all' Atlantico. Fuori da San José il paesaggio è fantastico. La strada per andare a Limon passa dal Parque Nacional Braullio Carrillo: un tripudio di vegetazione. Anche lungo la strada asfaltata ci si rende conto della maestosità del posto: la vegetazione ricopre tutto tranne l' asfalto, alcune foglie larghe e lunghe quanto una persona mi sfilano davanti al finestrino.
Si fa sosta a Limon (città mal raccomandata da tutti) e poi si imbocca la strada che porta fino a Panama. Il bus si ferma anche a Cahuita, che dopo 11 anni vedo di sfuggita ma in pochi minuti siamo già a Puerto Viejo. Appena scesi ignoriamo cortesemente le proposte dei procacciatori di clienti (sistemazioni troppo lontane dal "centro") e ci dirigiamo all' Hotel Puerto Viejo.

Puerto Viejo
Puerto Viejo

Puerto Viejo e ritorno

Decente la sistemazione, almeno per le nostre pretese. Siamo per lo meno vicini al "centro" di questo pueblo ormai cosmopolita. E' tutto lì in pochi metri la tanto decantata Puerto Viejo: antico porto, meta solo di surfisti quando la strada da San José era ancora un viaggio di giorni; poi la strada asfaltata e la raggiungibilità dalla capitale che ne ha permesso un progressivo fiorire di ristoranti e attività turistiche. Ambizioso luogo di prova per surfisti esperti è l' onda salsa brava che si forma quando l' oceano si schianta su delle rocce a fior di superficie. Incantevole tutta l' area. Nei pressi c'è il Parco di Talamanca e in generale una natura stupenda come in tutto il paese. C' è una sorta di tristezza comunque nei caraibi. I caraibi non sono la cartolina: sole, palme, modella abbronzata discinta.

Puerto Viejo
Puerto Viejo

I caraibi sono prevalentemente cielo grigio, umidità, nebbiolina sollevata dalla prepotenza delle onde. Un' atmosfera tersa che dà più un' idea di infinitezza e di gravità che di allegra spensieratezza. E' comunque una bella vita quella che si fa da queste parti. Ci sono ragazze europee ed americane che si accompagnano ai locali, mentre i ragazzi stranieri arrivano non per le donne locali quanto per la ganja, il reggae, la tavola da surf. <You have to smoke weed to think positive !> ci rimprovera ogni giorno qualche giovane rasta per invogliarci a smokkare. Perché ? non sembriamo abbastanza positivi ? Ci facciamo quattro notti a Puerto Viejo istaurando un giro di abitudini e non intendiamo muovere un dito per stressarci neanche un pò. Grandi dormite, passeggiate e frullature totali nelle onde di una lunga spiaggia più a sud. Spuntino di mezzogiorno e mangiata serale innaffiata da vini cileni. Che sballo addormentarsi quando fuori diluvia. Anche la pioggia è una bella cosa.
E' già l' ora in cui la nostalgia per ciò che si sta per lasciare si innesca, si cominciano a contare i giorni e poi, purtroppo, le ore.
 

AmsterdamDa San José ad Amsterdam

Portogallo - Inghilterra. E' solo una questione di ore, nei corridoi del Nuevo Alameda conosco un italiano in pensione, piemontese. Mi racconta del fantastico posto che ha trovato, del fatto che è la sesta volta che torna e si ferma per mesi e mesi. Lo affascina la gente, quella vera, lontana dall' intrattenimento che possono essere i casinò e la babele commerciale. <Non siete stati al Parco Sawan ? . . . cosa vi siete persi . . .> . Non mi molla più quel signore tanta è la sua voglia di comunicare l' entusiasmo. Il mondo poi non è mai piccolo quanto in America Centrale. <Ah conoscete anche voi Giovanni del Monnalisa a Granada?> . E' la sesta volta che viene e pensa di trasferirsi qui per sempre, anzi in Nicaragua. Il portiere ci chiama un taxista suo amico. Sono gli ultimi frames di Costa Rica quei pochi chilometri verso l' aeroporto; mi auguro di venire ancora qui nella vita, anche solo di passaggio, anche solo tra altri undici anni inchallah ! Qui paghiamo in dollari (28) la TASSA DI USCITA e scopriamo che il volo per Miami è in ritardo. Sento che mi sto per ammalare, l' aria condizionata dell' aeroporto mi sta per uccidere. Il Brasile perde inaspettatamente !!! Ci toccherà la Germania e poi la Francia !!!
Sull' avion un ubriaco intrattiene tutta un' area con le sue battute . Una volta atterrati, tutti col modulo in mano, noto che quel personaggio ebbro espone ad una donna in divisa il problema se possa o no trasportare i semi di sesamo che stavano sul sandwich offerto in volo (perché nel modulo si dichiara di non trasportare semenze e simili) al che la tipa lo invita a non pigliarla per il culo.
Ripercorriamo lo stesso iter dell' andata con tanto di impronte. Ci aspetta un altro volo fino ad Amsterdam dove dovevamo avere una coincidenza. La tratta da Miami ad Amsterdam è infatti una tortura su quegli stretti sedili nella fila centrale, tra un grasso arabo e una mamma tica che nonostante la sua esile figura si attorcilia troppo sul poggiabraccio . . . non ci sto più dentro . . . ho tirato giù tutti i santi quella volta . . . ho preferito alla fine restare in piedi per le ultime due ore attaccato ad una maniglia davanti al bagno e tutta la gente che ivi si recava a dirmi : <Prego ! C' era prima lei > e io ogni volta: <No grazie, sono qui ma non per andare in bagno>.
Il ritardo del volo per Miami ha comportato anche la mancata coincidenza con il nostro Amsterdam-Malpensa. La compagnia ci paga una notte ad un hotel da 299 euri a testa. Siamo esausti ma il nostro trip non sembra ancora finire. Abbiamo una camera a testa e tanta voglia di sprofondare nel sonno, un sonno lunghissimo. Saremo a casa nostra "solo" ventiquattrore dopo.

 

Costa Rica - Nicaragua  Home

 

[Viaggi][Le foto][Istantanee][In Italia][Consigli dei viaggiatori][Forum][Home]